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ROMANCE HISTORY: Luciana Peverelli

"Non c'è donna al mondo che non attinga forza, fiducia in se stessa ed anche felicità nel sentirsi amata, anche se chi l'ama è lontanissimo dal suo cuore e non sarà mai niente per lei" Luciana Peverelli.

Luciana Peverelli (Milano 1902-1986) fu giornalista, traduttrice e, soprattutto, prolifica scrittrice di romanzi rosa, ne pubblicò più di 400. Una donna coraggiosa che si oppose al regime fascista e divenne partigiana.

Autrice di vari romanzi diretti a un pubblico prettamente femminile, fu con Liala una delle maggiori esponenti del romanzo rosa. Collaborò con i suoi racconti a varie testate femminili, alternando storie d’amore legate all’attualità del tempo a intrecci anche polizieschi. Fu direttrice a partire dal 1963 del settimanale “Stop”.

Giovane nel periodo fascista visse l’accelerazione di un mutamento so-ciale, sfuggito al regime e in buona misura anche agli storici: quello della crescente diffusione della dimensione casalinga della donna, il cui ruolo veniva - nonostante tutto - accresciuto da molti fattori: la diminuzione del numero dei figli e il conseguente maggior tempo libero, l’aumento della scolarizzazione, la possibilità di disporre di nuove aperture verso l’esterno (come la radio), la tendenza all’espulsione dalla fabbrica della manodopera femminile e così via. Non andrebbe poi trascurato il peso giocato da nuove forme di pubblicità e di distribuzione commerciale, a partire ovviamente dalle grandi città e in particolare da Milano con la Rinascente e l’Upim. Anche per tale via la modernizzazione frantumava l’ideologia eroica del regime e l’immagine retorica della donna-procreatrice si scolorava in quella della donna-consumatrice (C. Dau).

La novità più duratura è data dall’apparizione dei periodici femminili di massa. La Rizzoli (sorta nel 1902) propone rotocalchi all’americana, in particolare “Eva” (dal 1933). Compaiono altre testate tra cui la cattolica "Alba" di Angela Sorgato (1922), “Rakam” (1930), “Lei [poi Annabella]” (1933), “Gioia” (1938), “Grazia” (1938), ecc. I pilastri sono gli stessi: eva-sione, consigli sul mondo femminile (amore, lavori domestici, fami-glia, ecc.), religione, cucina, oroscopi, sogni. Quindi pettegolezzi, mondanità, foto del Duce, piccola posta, recensioni, consigli di vita pratica. Questi sviluppi si collegano con il proliferare di novelle popolari, piene di sentimentalisti, moralismi e consigli pratici (Milly Dandolo, Giana Anguissola, Liala [esordio con Signorsì del 1931], Luciana Peverelli sono tra le scrittrici più prolifiche e celebri in materia). Protagonista è la donna “comune”, quella casalinga voluta da Mussolini, ma anche la donna sportiva, la scrittrice, mentre le novelle sono piene di sartine, attrici, impiegate. Si affiancano la donna “mo-derna” e la donna “ingenua” e tradizionale. Esplicito è comunque l’invito all’evasione a ad un’ora di “sollievo”. Emerge già la donna consumatrice: qualcosa di diverso rispetto alla tradizione-modernizzazione voluta dal regime.

L'8 maggio 1947 esce il primo vero e proprio fotoromanzo, la testata si chiama "Il mio sogno" ed è il risultato dell'intraprendenza del giovane romano Stefano Reda, giornalista appassionato di letteratura, e della fiducia accordatagli da Giorgio Camis De Fonseca, socio di Rizzoli e dirigente della Editrice Novissima di Roma, che lo finanzia. Sulla rivista c'è scritto: "settimanale di romanzi d'amore a fotogrammi", ancora non appare la parola fotoromanzo.

La rivista si compone di dodici pagine in bianco e nero e due puntate di fotoromanzi intervallati da racconti e rubriche, venduta al prezzo di 20 Lire. I soggetti sono dello stesso Stefano Reda e di Luciana Peverelli, scrittrice affermata di romanzi rosa. "Nel fondo del cuore" di Stefano Reda e "Menzogne d'amore" di Luciana Peverelli con protagonisti Glauco Selva e Resi Farrel sono i primi due fotoromanzi pubblicati.

Perché nasce un romanzo rosa? Lasciando da parte Liala, che in ogni caso si può considerare il prototipo della scrittrice rosa, si possono fare altri nomi come quelli di Luciana Peverelli, Milly Dandolo, Mura, scrittrici che negli anni Trenta-Quaranta hanno contribuito a sviluppare quel genere di letteratura consolatoria e gratificante che tanto attira il pubblico femminile. Negli anni Settanta-Ottanta invece il successo di queste autrici è stato sostituito dall’ampia circolazione delle riviste femminili, dai fotoromanzi e dalle collane, soprattutto quelle di Harmony e Bluemoon, create dalla Mondadori e dalla Curcio; la collana è diventata un prodotto di largo consumo, come i detersivi e i cosmetici.

“Quasi un dizionario” di Luigi Compagnone raccoglie un’antologia di articoli sulla letteratura, composti dallo scrittore napoletano in un arco temporale che copre alcuni decenni di originalissima attività scrittoria - dal 1947 agli inizi degli anni Novanta. Queste pagine contengono fra l’altro illuminazioni fulminanti su Flaubert, Kafka, Aragon, Borges, e su Zola, Delfini, l’amato Collodi; e perfino su una delle firme prestigiose del genere rosa, Luciana Peverelli: lo stesso Compagnone racconta come, sulla scia della propria “malizia” antisentimentale e, per contrasto, della dolcezza raffinata della scrittrice nordica, sia sorta un’intesa epistolare di lungo corso.

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