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JANE AUSTEN: OVVERO DELLA RAGIONE E NON DEL SENTIMENTO



In uno sperduto paesino dello Hampshire, Steventon, nasceva duecentotrentatrè anni fa Jane Austen, destinata a diventare una delle maggiori scrittrici inglesi di tutti i tempi. Della sua breve vita, conclusasi a soli quarantuno anni per una malattia non ancora accertata con sicurezza, non sappiamo molto, in parte perchè la Austen era molto discreta, in parte perchè sua sorella prima ed i nipoti poi, distrussero la maggioranza delle sue lettere e dei diari, operando di fatto una notevole censura atta a consolidare un'immagine della Austen come una scialba, correttissima e tradizionalista zitella. Se guardiamo al suo unico ritratto coevo, uno schizzo della sorella Cassandra, in effetti è questo che vediamo: una donna non bella, non giovane, dall’espressione poco invitante, coperta fino al collo come si conviene ad una  fanciulla modesta, i capelli coperti dalla cuffietta, come portavano le donne anziane, le vedove di ceto inferiore, le governanti e le nubili di estrazione non aristocratica. Non potremo mai ricostruire ciò che davvero è accaduto nella sua esistenza e forse non è nemmeno importante, l’assenza di fatti esteriori di una certa rilevanza è comprovata, la Austen visse una vita alquanto monotona e prevedibile, assolutamente nei canoni rispetto alla sua educazione ed estrazione sociale,  ma tutto ciò che abbiamo veramente bisogno di sapere su dei è contenuto nei suoi libri. Le sue opere ci dicono chi era Jane Austen, cosa pensasse  ed a cosa aspirasse, probabilmente sono una proiezione della parte migliore della sua personalità e le sue eroine compiono atti e propugnano idee che nella realtà Jane non ebbe mai il coraggio né di compiere né di seguire, rimanendo sempre una figlia obbediente ed una sorella devota. Operando infinite variazioni su una stessa partitura, la Austen  ci racconta storie simili nel medesimo mondo, il suo, ovvero quello della piccola nobiltà di campagna  e della media ed alta borghesia, dove i legami familiari e sociali sono il fondamento imprescindibile della società e dove ciascuno deve agire conformemente al posto occupato in tale contesto ed al proprio sesso. Si biasima chi cerca di travalicare l’ordine tra le classi sociali ed ancor più una donna che non si attenga a poche e ferree regole: tacere, adeguarsi, mettersi sempre in secondo piano rispetto ai desideri ed alle necessità della propria famiglia. Pochi altri autori sono così dettagliati e precisi nella descrizione di un ambiente e profondamente legati alla propria epoca da diventarne un paradigma, questo perché la Austen parlava solo di ciò che conosceva direttamente, perseguendo gli ideali illuministi della ricerca del vero e della preminenza della ragione, essendo in questo totalmente antiromantica.


Per uno strano scherzo del destino però è considerata, tra le altre cose, anche l’iniziatrice del genere Romance, difatti le sue epigone non si contano ed a tutt’oggi il cosiddetto Regency è vivo e vegeto, cristallizzando per l’eternità, un’era piena di passeggiate nei parchi, corse a cavallo, serata di gala, splendidi balli e tante, infinite occasioni per discorrere intorno ad una tazza di tè. Forse questo malinteso è dovuto non solo alla centralità delle vicende sentimentali in tutti e sei  i suoi romanzi, ma anche nell’aver creato un fantastico ed indimenticabile eroe romantico in Mr Darcy, il protagonista di Orgoglio e Pregiudizio: scostante, arrogante formale ma anche incredibilmente paziente, generoso, passionale e perfetto gentleman. Generazioni di donne si sono innamorate di lui, hanno sospirato per lui, lo hanno sognato e generazioni di scrittrici lo hanno preso a modello per i loro protagonisti maschili, in alcuni casi hanno inventato improbabili viaggi nel tempo e nelle dimensioni per raggiungerlo, tant’è che c’è un Seducing Mr Darcy ed un Mr Darcy and Me, solo per citare due esempi recenti. A chi non ha letto Orgoglio e Pregiudizio ne consiglio caldamente la lettura, per tutte suggerisco la visone dello sceneggiato della BBC del 1995, certamente la versione migliore se non definitiva mai realizzata, anche grazie ad un superlativo Colin Firth nella parte di Fitzwilliam Darcy.






L’anemica versione cinematografica  del 2005, pur pregevole nel reparto artistico è terribilmente carente da quello interpretativo, con un cast mal scelto in generale  e pessimo nel particolare di Mr Darcy, dove uno spaesato, molle ed inutilmente rigido Matthew MacFadyen fallisce miseramente nel rendere quello che è un simbolo di mascolinità e virilità imperiture.

In un panorama come quello degli ultimi anni in cui si è accentuato il cannibalismo sulla vita e la produzione letteraria della Austen (ben sessanta libri usciti solo negli ultimi dieci anni), con risultati alterni chi invece riesce incredibilmente nell’impresa di rivitalizzare tanto Orgoglio e Pregiudizio che la sua autrice è Collen McCullogh.



RECENSIONE
L'INDIPENDENZA DELLA SIGNORINA BENNET
(The indipendence of Miss Mary Bennet) di Colleen McCullogh



ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2008

EDITO IN ITALIA DA: Rizzoli, pp.445

EDIZIONE ORIGINALE:  Simon and Shuster (USA) Harper Collins (UK)

TRADUZIONE DI: Roberta Zuppet

FORMATO: hardcover/ brossura

LIVELLO DI SENSUALITA': subtle/ sottile

AMBIENTAZIONE: regency


VOTO/RATING: 8/10



Temerariamente la McCullogh decide di continuare Orgoglio e Pregiudizio, riprendendo la storia vent’anni dopo la sua conclusione, con le sorelle Bennet ormai quarantenni e con una vita molto diversa da quella che avevano sognato. Mary in particolare, la sorella meno bella e brillante, dopo una vita dedicata ad assistere l’anziana ed insopportabile madre, decide che è giunto il momento di crearsi un’esistenza a propria misura e di rivendicare un’indipendenza che da giovane non si era permessa nemmeno di sognare. Le sue decisioni porteranno conseguenze inaspettate e grandi e necessari cambiamenti in tutta la famiglia.
Con uno stile che è solamente suo ma anche in qualche modo rispettoso di quello della Austen, la McCulloch  ci trasporta letteralmente dentro la storia, in una maniera decisamente più viscerale di quella della Austen, facendoci vivere e palpitare coi suoi personaggi, accompagnandoci ed accompagnandoli nella loro crescita ed evoluzione. Questi non sono più i ragazzi dell’edizione originale, ma uomini e donne che devono ormai  fare dei bilanci, spesso negativi o deficitarii.
Il romanzo in tutta la prima parte è pervaso da una sottile malinconia, quella dei sogni infranti e delle aspettative deluse, di quello che avrebbe potuto essere e non è stato, delle occasioni perdute.
Mary, piccolo bruco che diverrà splendida farfalla, sarà la prima a voler cambiare prima che sia troppo tardi e dare un senso alla sua esistenza e gli altri saranno costretti a seguirla loro malgrado, a guardarsi dentro ed affrontare il rimosso. Proprio per questo mi sono di nuovo innamorata di Elizabeth e Darcy, sono sempre loro eppure sono diversi, più maturi, invecchiati, ma anche più profondi. Mi è parso come di ritrovare dei vecchi amici, che mi hanno divertita e commossa al tempo stesso.

Collen McCullogh è una grande scrittrice e non teme, giustamente, accuse di infedeltà. Lo spirito della Austen qui vi è intero, la sua sagacia, il suo acuto senso di osservazione, la sua sotterranea ribellione alla condizione della donna ed il desiderio di modificare una realtà ingrata e difficile. Certo la McCullogh si spinge ancor più avanti, illustrandoci le miserie oltre che della condizione femminile anche di quelle dei ceti meno abbienti e dei proletari, nonché la disperazione di chi sa alla nascita di essere condannato per non essere capitato nel giusto ambiente. Si ride, si piange e soprattutto si pensa, come la cara Jane avrebbe voluto. Alla fine si chiude il volume contenti ed un poco tristi, si vorrebbe rimanere in compagnia di tanti bei personaggi, Darcy ed il figlio più degli altri, chissà che la scrittrice non ci conceda un bis.

 

 

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