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Incontro con Joanne Harris

Lunedì 12 novembre Joanne Harris era a Torino, al Circolo dei Lettori per presentare il suo nuovo romanzo “Il giardino delle pesche e delle rose" (Garzanti), sequel di "Chocolat"  da cui è stato tratto l’omonimo film interpretato da Juliette Binoche e Johnny Deep. Nata a Barnsley, in Inghilterra, 48 anni fa, da madre francese e padre inglese (i nonni avevano un negozio di dolciumi), Joanne Harris è autrice tra l’altro, oltre che di “Chocolat” (1999), di “Vino, patate e mele rosse” (2000), “Cinque quarti d’arancia” (2001), “La spiaggia rubata” (2002), “La donna alata” (2003), “La scuola dei desideri” (2005), “Le scarpe rosse” e “Le parole segrete” (2007), tutti tradotti da Garzanti.

Solo al mattino ho saputo di questo appuntamento ma ho fatto di tutto per non perderlo, ci tenevo moltissimo ad andare e si è rivelato un incontro delizioso e coinvolgente. Non starò qui a farvi una recensione del romanzo che è in uscita in questi giorni (la versione inglese è uscita a maggio) ma vi racconterò l’interessante incontro con l’autrice. Dopo 13 anni Joanne Harris decide di continuare la storia di Vianne Rocher, la maga del cioccolato. Non solo si ritrovano personaggi già noti in “Chocolat” ma anche il paesino è lo stesso: Lansquenet. E’ un paesino francese di 400 anime ma inventato. Joanne ha raccontato che quando gli sceneggiatori del film le hanno chiesto quale potesse essere l’ambientazione ideale, lei ha indicato un piccolo paese francese ma le hanno detto che era troppo perfetto e che in un posto così non sarebbe mai potuto capitare niente di brutto, così la pellicola è stata girata in diverse location anche in Gran Bretagna, dove lei vive. Non è stato facile, ha detto la Harris, trovare un luogo, dopo 8 anni da “Chocolat”, dove ambientare la storia di Vianne; quindi ha deciso che il negozio di cioccolato dovesse essere stato incendiato: ciò segna simbolicamente la fine di una fase della propria vita ma anche l’appiglio per permettere alla protagonista Vianne (interpretata da Juliette Binoche nel film) di rimanere una volta tornata dopo tanti anni. Ora vive a Parigi, su una casa galleggiante con un cane e le sue due figlie; la primogenita Arnoux che adesso ha 15 anni e la piccola Rosette, 7 anni, nata dalla relazione con lo zingaro Roux interpretato da Johnny Deep nel film. Rosette dal racconto sembrerebbe autistica ma la scrittrice non vuole evidenziare l’handicap ma la cattiva abitudine generalizzata di etichettare le persone invece di valorizzarne la “diversità”. Anche Arnoux era “particolare” in “Chocolat” perché aveva un amico immaginario come la figlia stessa della scrittrice che, ci ha raccontato, l’ha accompagnata fino ai 14 anni.

In ogni caso Vianne torna nel paesino dopo aver ricevuto due lettere, una dentro l’altra, e da lì tutto comincia. Ritrova vecchie conoscenze come il curato Reynaud sempre ossessionato dalla religione (Harris racconta che c’è un episodio divertente, persino grottesco, che riguarda la confessione che evidenzia questa caratteristica del prete). Il curato è uno dei due “io” narranti della storia ed è indicato con una croce. La scrittrice spiega che per creare questo personaggio lo ha immaginato più come un uomo con limiti, difetti, desideri piuttosto che come un prete, così è riuscita ad entrare nella sua testa; si identifica più con lui che, come erroneamente si può pensare, con l’altro “io” narrante, Vianne Rocher, indicato con una mezza luna. Nel romanzo vi è un nuovo curato giovane emoderno, che usa Power Point per preparare le omelie ed è molto ambizioso, infatti per lui le persone sono solo un mezzo per fare carriera. Il vecchio curato Reynaud, invece è ossessionato dalla religione e dal potere. Ma anche lui, come Vianne, uscirà trasformato da questo nuovo percorso. Essendo passati anni Vianne è invecchiata ma ha acquisito più esperienza, è diventata di nuovo madre. Ora non segue più alla lettera tutto ciò che le dicevano sua madre o sua nonna (come faceva in “Chocolat”) ma mette in discussione se stessa e i loro insegnamenti attraverso un viaggio interiore che la rende meno emotiva ma sicuramente più saggia. A Lansquenet, adesso, vive una numerosa comunità di magrebini e il periodo è quello del Ramadan: gli orizzonti si allargano,dunque; la monotonia della vita di campagna viene spezzata da un mistero giallo che toccherà a Vianne risolvere sempre con la sua magia fatta di sentimenti e soprattutto di cioccolato. Vianne crede che il cibo sia il mezzo ideale per arrivare all’anima delle persone in particolare attraverso il cioccolato.

Joanne Harris ha detto:”Ho sempre voluto scrivere di magia ma non della visione popolare, piuttosto della magia delle cose di ogni giorno e del modo in cui qualcosa di ordinario possa, nelle giuste circostanze, acquisire proprietà straordinarie”. Come il cioccolato, ad esempio. Possiamo dire che la scrittrice ha cucito una parte di sé sulla protagonista: le sue capacità sinestesiche. Joanne Harris ha dichiarata di riuscire a capire e comprendere persone e circostanze in base ai colori e ovviamente agli odori ed entrare in contatto emotivo: esattamente ciò che fa Vianne. In questo romanzo non ci sono ricette di cioccolato, tranne quella della marmellata di pesche che faceva la nonna di Vianne. La scelta di inserire una comunità magrebina da parte dell’autrice è dovuta al fatto che la conosce bene molto bene poiché dove vive, nello Yorkshire, questa comunità è molto presente e radicata. Vianne riuscirà ad avvicinare e ad essere avvicinata con più facilità rispetto agli abitanti del paesino, dalla comunità magrebina perché ha meno pregiudizi e riesce a vedere ciò che le unisce rispetto a ciò che le disunisce a differenza di quello che l’autrice chiama “apparenza cosmetica”, il modo di vivere che ormai avvolge la maggior parte di noi.

E così il romanzo si dipana fra ricordi, il presente, conti in sospeso (ad esempio quelli con il curato) ma alla fine, come ho già detto, tutti avranno imparato qualcosa. “Il giardino delle pesche e delle rose” è sicuramente un romanzo d’evasione, pieno di sentimento e a tratti divertente ma tratta anche grandi temi. Come spiega l’autrice: “Ogni mio libro è una reazione alle paure, ai pregiudizi come ho raccontato in “Chocolat” attraverso il curato Reynaud che demonizzava il piacere e a essere spaventati dai propri sentimenti”. L’autrice stessa ammette che il finale è un po’ sospeso e alla domanda se ci sarà un ulteriore sequel, risponde: “Non so, dovreste chiederlo a Vianne, è lei che decide e che mi dice se vuole tornare o meno”. Vedremo cosa deciderà, nel frattempo godiamoci il viaggio attraverso odori, profumi e la magia del cioccolato.

                              

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