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Uscite giugno 2013 Giunti e Corbaccio

AMORE CHIAMA AMORE RISPONDE di Cristiana dalla Zonca - Giunti Editore

"Si legge tutto d’un fiato e dopo rimane l’allegria, il senso delle cose importanti della vita." Susanna Tamaro

Il giorno del suo rientro a casa sono tutti in salotto e l’aspettano impazienti, ansiosi. I tre figli adolescenti, il marito amorevole, il grasso cane Loki. Ma lì sul suo divano, tra le sue cose, circondata dai suoi affetti più cari, Vittoria non riconosce nulla e nessuno.
Da quando ha perso la memoria fa di tutto per indovinare chi sono e cosa vogliono, per soddisfare i loro desideri, per dare loro quel che si aspettano da lei; ma il volume troppo alto della radio o il piano della cucina in disordine la tradiscono, ed è chiaro a tutti che la mamma e la donna di prima non ci sono più.
Vittoria si aggira per casa spalancando armadi e cassetti, scoprendo che la donna che era non le corrisponde affatto. E mentre le sedute con la psicanalista aprono i primi squarci sul passato, inizia a chiedersi se vuole veramente ricordare, se desidera tornare a quell’esistenza estranea, a quella che le pare una gabbia dorata e opprimente.
Grazie allo spaesamento causato dall’amnesia Vittoria rimetterà in discussione le scelte di una vita e finirà per ritrovare la vera se stessa, senza per questo perdere l’affetto dei suoi cari.
Nella sua scelta giocherà infatti un ruolo determinante la famiglia - così piena d’amore e di senso nonostante le sue umane imperfezioni – alla quale lei saprà affiancare passioni e impegni nel sociale, frutto della sua nuova consapevolezza.

Amore chiama amore risponde è un romanzo “inspirational” e parla a tutte le donne, perché per ognuna arriva prima o poi il momento dei bilanci: era davvero questo che volevo? dove sono finiti i miei sogni? voglio dare una svolta alla mia vita o voglio confermare le mie scelte? E racconta di una famiglia allegra, vera, imperfetta, straordinaria nella sua normalità.

“Questo libro” afferma l’autrice “mostra come i problemi si possano risolvere anche dall’interno, con l’aiuto di chi si ama e che ci ha accompagnato fino a qui; perché cambiare strada è possibile anche senza distruggere tutto quello che nel bene o nel male abbiamo costruito. L’importante è provarci. Sempre.”

Nata nel 1972, Cristiana dalla Zonca è giornalista e opera nel campo della comunicazione finanziaria. Appassionata di sport, ha lavorato come addetto stampa per tre Olimpiadi: Torino, Vancouver e Londra. Vive e lavora a Trieste con il marito Michele (40 anni), i tre figli Ginevra, (19) Matilde (15), Nicolò (14) e il cane Loki (6). Amore chiama amore risponde è il suo primo romanzo.

A dialogo con l’autrice

“Capita - nella vita delle donne, di solito intorno ai quarant’anni - di fare un bilancio: guardando indietro si valuta il tratto di strada percorso chiedendosi se è proprio quello il tragitto che si voleva fare. È un momento in cui ci si guarda allo specchio e  magari non ci si riconosce più; oppure ci si rende conto di essere rimaste incastrate: quel lavoro accettato solo per un periodo che si è prolungato non si sa bene come, la rinuncia temporanea in nome della maternità, un rapporto stabile ma insoddisfacente, l’occuparsi di un genitore anziano e così via sono diventati da impegni temporanei alla normalità di un quotidiano di cui si è insoddisfatte e da cui non si riesce a uscire. Quando esattamente la nostra vita sia diventata così non lo si sa neppure più. E allora si tende a buttare via tutto, con l’idea che solo una rivoluzione radicale possa restituirci i sogni e le soddisfazioni perdute. Ma potrebbe essere un modo di vedere le cose errato, magari basta cambiare la prospettiva o aggiustare un pezzettino, perché tutto si risolva.. “

Amore chiama amore risponde mostra come i problemi si possano risolvere anche dall’interno, con l’aiuto di chi si ama e che ci ha accompagnato fino a qui, perché cambiare strada è possibile anche senza distruggere tutto quello che nel bene o nel male abbiamo costruito. L’importante è provarci. Sempre.”

“Spesso – sui giornali, in tv, nella quotidianità – la famiglia viene descritta al centro di situazioni negative: divorzi, lutti, rapporti persi, dolore. Certo ci sono figli adolescenti ombrosi e con poca voglia di studiare, mariti che urlano, cene bruciate, incomprensioni e litigi tra fratelli, tra genitori e figli, tra mariti e mogli, ma so per esperienza che nella sua imperfezione la famiglia può essere anche un luogo positivo, allegro, dal quale attingere energia. Con questo libro ho voluto dire alle donne quanto sia importante ridare valore alla normalità e all’imperfezione, a dispetto dei modelli falsi e inarrivabili che la pubblicità ci propina.”

Amore chiama amore risponde parla di una famiglia allegra, vera, imperfetta. Straordinaria nella sua normalità. Parla di un posto dove tornare. Perché a volte, accecati dall’apparente libertà della vita di chi non ha legami, ci dimentichiamo della solitudine che questo comporta, dell’incertezza che crea non avere qualcuno da cui tornare.”

Dal libro

Mi passo i palmi sugli occhi e li sfrego tirando la pelle. Sono così stanca. Ma è tutto vero e va messo sul piatto. Dietro le palpebre chiuse vedo i miei figli ridere e questa casa non più così ordinata che ora sento davvero mia. Vedo mio marito radersi mentre io chiacchiero dalla vasca da bagno e il mio cane bere dal bidet. Vedo l’esatta imperfezione di una famiglia vera.
Ho sentito che dalle scelte fatte non si torna indietro, ho sentito il peso dei vent’ani evaporati in un freddo novembre, ho sentito la frustrazione delle occasioni mancate. Ma accanto a questo ho sentito il calore di tante voci, i colori di tanti visi, di appartenere a qualcuno, a qualcosa. Ho sentito di avere un posto, il mio posto, quello che mi ha salvata e mi ha riportata indietro. Ho preso il telefono e ho chiamato casa.

Non avere fretta e segui il percorso. Sei fortunata. Ti immergi nel passato, peschi le cose che ti piacciono e lasci indietro le altre. Stai selezionando, Vittoria. Non capita a tutti
C’è un momento nella vita in cui siamo davanti a un bivio, sentiamo di aver bisogno di una svolta ma non abbiamo la motivazione, il coraggio, la forza per compiere una scelta e cambiare strada. Se però una strada non l’abbiamo più, perché gli eventi ci hanno collocati al centro di un incrocio che non conosciamo, possiamo decidere di restare fermi o di andare. Il criterio e le ragioni per scegliere sono venute a mancare e rimane solo l’istinto a guidarci verso la ricerca di ciò che ci piace e ci grati-fica. Sembrerà un paradosso, eppure forse è quello il momento in cui compiamo una scelta giusta, libera dagli stereotipi del passato che ci eravamo cuciti addosso.

Con la mia famiglia a coprirmi le spalle ho messo da subito un piede davanti all’altro, senza fermarmi a riflettere, senza temporeggiare. Ora sono felice di essere qui, al mio posto, al caldo, e se delle incertezze ci sono ancora, se in certi momenti vacillo e mi mancano la terra e le radici sotto i piedi, so che non durerà a lungo perché qualcuno, dalla stanza a fianco, verrà presto a chiamarmi e a tuffarsi nel presente con me. L’egoismo di chi ci vuole bene e ci vuole per sé al cento per cento a volte è l’incentivo migliore.

Mi chiamo Vittoria.
Ho trentotto anni. Ho solo pochi mesi. Sono arrivata da poco. Sono tornata.


AMIN CHE E' VOLATO GIU' DI SOTTO
di Nadia Morbelli - Giunti Editore
 

Dopo il successo di Hanno ammazzato la Marinin, Nadia Morbelli è ora alle prese con un nuovo caso. Sullo sfondo, una Genova da togliere il fiato, il traffico illegale di farmaci pericolosi, la strana morte di un ragazzo di colore.
Ha inizio la nuova indagine della redattrice-detective più appassionata e ironica del noir italiano.

È una gelida sera d’inverno a Genova e Nadia Morbelli, uscita tardi dalla casa editrice, imbocca infreddolita un carrugio in discesa. All’improvviso è costretta a fermarsi: il passo le è impedito da quel che sembra un grosso sacco della spazzatura. Ma una volta vicina Nadia scopre con orrore che quel fagotto rannicchiato sul selciato è un ragazzo. Un ragazzo nero, morto. Sicuramente un clandestino. Forse un tossico. Probabilmente suicida.
Dopo lo choc iniziale, Nadia non può resistere alla tentazione di saperne di più. Insieme alla sorella del morto, brillante universitaria, avvia una personalissima indagine che la porterà a riabilitare Amin e a far luce su di fenomeno attuale e drammatico: il traffico di vaccini e farmaci scaduti o dannosi dall’Europa al Terzo mondo.
Fanno da vivace contorno alle sue investigazioni l’affascinante vicequestore Prini, i genitori e le amiche del cuore, un fidanzato presente a intermittenza, il chiacchiericcio, i personaggi e i paesaggi della provincia tra Genova e Ovada. E tanta buona tavola.

Con questo secondo romanzo Morbelli si inserisce di diritto tra i protagonisti del noir italiano e del giallo femminile e d’impegno: donna emancipata, autonoma, capace di godere di tutti gli aspetti della vita, generosa negli affetti, la protagonista affronta e risolve casi legati a problemi di estrema attualità come il traffico d’armi al centro del primo episodio e – ora – del commercio clandestino di farmaci.

Dopo Hanno ammazzato la Marinin Nadia Morbelli conferma anche il suo gusto per una lingua personale frizzante, curatissima, condita con gustose parole gergali e dialettali (con tanto di glossario finale) che ne dimostra la maturità di scrittrice.

Nadia Morbelli è non solo il nome della protagonista della serie, ma anche il nom di plume dell’autrice, che vuol restare anonima; nata a Genova, dove si è laureata in paleografia, lavora in università, è redattrice in una piccola casa editrice e collabora con diverse riviste di settore. Vive  tra Genova e il Basso Piemonte, da cui parte della sua famiglia proviene. I momenti più belli della sua vita li trascorre in biblioteche polverose o viaggiando in giro per il mondo. Per Giunti è uscito il primo titolo della serie e suo romanzo d’esordio, Hanno ammazzato la Marinin.

Hanno scritto del romanzo precedente

"Una vera e propria prova di deflagrazione del genere." L’Indice dei libri

"La Morbelli ha una vita troppo sgualcita per non risultare simpatica: una rivincita sulle donne belle e fortunate". Grazia

"Nuova e ironica voce del giallo italiano." Corriere Nazionale

 

A dialogo con l’autrice

“La ragione che mi ha spinta a scrivere? A scrivere romanzi? Penso che la più impellente sia stata dettata dal desiderio che non andassero a perdersi per sempre nel tempo, «come lacrime nella pioggia», direbbe Roy di Bladerunner, una quantità di piccole storie in apparenza senza importanza, ma in realtà pregne del senso primo dell’esistenza più vera. “

“La componente che mi intriga di più, nel processo della scrittura, è senz’altro il linguaggio: più della caratterizzazione dei personaggi, e più della trama stessa. Mi piace ‘esplorare i diversi ‘registri’, dal colloquiale al forbito, dal formale al familiare, passando per lo slang dei giovani, o ex-tali. E in particolare il linguaggio del ‘parlato’, quello che tutti utilizziamo tutti i giorni, con le sue pause, le sue inflessioni, la sua particolarissima sintassi. “

“Mi piacciono le storie ‘laterali’, marginali, quelle che nessuno scriverebbe mai ma che tutti amano ascoltare: i pettegolezzi sul vicino di casa, le peripezie del cugino del prozio che non abbiamo mai conosciuto ma che ha fatto il partigiano, o è stato catturato dai tedeschi, le vicende della nonna – mia, tua, sua: poco importa – che profumano di lavanda come i lenzuoli di una volta. Dev’essere perché la loro aerea leggerezza ci sa, come per incanto, liberare dai gravami della quotidianità.”

“Il mio rapporto con Genova? Non potrei vivere altrove!”

“In effetti nel romanzo – così come in quello precedente – si parla molto di cibo. Un po’ perché la cucina è una delle mie passioni, ma anche e soprattutto perché la considero una vera forma d’arte, capace di esprimere al massimo grado tutte le sfumature dell’animo umano, e di consolare quasi tutti i suoi dolori.
Mangiare è un po’ aprirsi al mondo, lasciarlo entrare in noi con i suoi sapori, i suoi odori, i suoi colori, perfino i suoi rumori. Diffido sempre dalle persone in dieta...”

“Cosa c’è di me in Nadia Morbelli? Tutto e niente... C’è molto del mio vissuto: un mix di ciò che sono, ciò che sono stata e ciò che vorrei essere. Ma anche di altri e altre che hanno percorso con me una parte del cammino, e con cui ho condiviso molto. Una sorta di personalità ‘multipla’ insomma, in cui immagino si riconoscano molte sui quaranta o giù di lì.”


Dal libro

Tempo cinque minuti e avevamo sentito l’ululato di una sirena rimbombare fra i palazzi della strada di sopra. Poi, all’imbocco del vicolo era baluginata la luce azzurrognola e intermittente di una volante: in un lampo due poliziotti ci avevano raggiunti di corsa. Di lì in poi i miei ricordi si fanno vaghi, discontinui: i celerini chinati sul corpo di quel disgraziato... Gian Paolo che intirizzisce nella giacca di tweed... la voce roca e metallica che esce dalla ricetrasmittente... un mezzo lenzuolo bianco uscito chissà da dove buttato sul cadavere... io che rispondo non so cosa a un bel giovanotto in divisa... i suoi occhi di un celeste chiarissimo…

***
– Ti ricordi quel tipo che ho trovato morto nel vicolo?
– Sì. Si è poi scoperto come è andata?
– Boh? A quanto scrivono i giornali era impasticcato. Tanto da cadere dalla finestra.
– Magari ci si è cacciato lui dalla finestra: pare che se ci si strafà ben bene di certa roba si abbia la convinzione di poter volare.
– O si incontrano elefanti rosa in tutù… Mi sembra un po’ sbrigativa come soluzione, ti pare? Ho visto sua sorella.
– La sorella di chi?
– Del morto.
– Ma sei andata di cervello? Cosa ti è venuto in mente?
– A me niente. È capitato. È capitato per caso.
– Per caso? E come?
– Ad Architettura. In biblioteca…
– E lei che dice? Lo saprà bene, no, come è morto suo fratello…
– Ti ho detto che l’ho vista, mica che le ho parlato!

***
Grosse falde candide scendevano ondeggiando dal cielo in un’assoluta mancanza di vento. E avevano già coperto di ovatta candida ogni cosa: auto, rami, cassonetti, il muretto di fronte, e i vasi sul terrazzino della dirimpettaia, che sembravano tante meringhe in bella mostra nella vetrina di un pasticciere. La strada sembrava un fiume di latte, soffice e immoto. In quella totale assenza di rumori distinguevo nettamente il respiro regolare di Valerio proveniente dalla camera da letto.

***
– E ora che facciamo?
– Entriamo, no?
– E se se ne accorgono?
– Mica sanno che siamo state noi…
– E se ci beccano?
– Cosa vuoi che ci facciano? A due giovani donne carine, incensurate e di specchiata onestà… Magari solo un po’ tontarelle, curiose, svampite… E che le donne siano tontarelle, curiose e svampite è cosa arcinota e assodata. Che fra l’altro agli uomini, e immagino in particolar modo ai celerini, piace un sacco… Tienilo sempre a mente per il futuro: sbatti bene i ciglioni e assumi un’espressione da allocca. Vedrai quante rogne si appianano…

***
Vuoi sapere che fine ha fatto la besagnina delle Vigne? Vai dalla Jole. Non sai dove comperare del cumino, un platano, o il cardamomo che la ricetta letta su Grazia impone come essenziale alla realizzazione del piatto che intendi preparare per i tuoi ospiti del sabato sera? Vai dalla Jole. Devi acquistare una pinza per rivetti, il prodotto con cui pulire il marmo, uno smacchiatore per il camoscio delle scarpe che hai sporcato di non si sa cosa la prima volta che le hai indossate? Vai dalla Jole. Perché la Jole sa vita, morte e miracoli del variopinto mondo che anima quella parte di centro storico: a chi ha ceduto il negozio il vecchio calzolaio, dove ne hanno aperto uno nuovo. Chi ha rilevato il ferramenta, e cosa tiene, o non tiene più. Dove si è trasferito il tabacchino, o a chi puoi rivolgerti per fare qualche tapullo in casa, naturalmente in “nero”.

***
Ero uscita nell’opaca umidità della notte incipiente, pervasa da una sensazione prossima a quella che si prova quando si beve qualche bicchiere di troppo: la testa costipata di quell’accavallarsi di vicende di un passato ormai perduto, delle facce che mi ero immaginata le avessero vissute, dei lacci che le tenevano
avvinte l’una all’altra, ma nello stesso tempo anche vuota, libera, leggera, tanto da farmi credere di essere lì lì per cogliere quel nesso che mi avrebbe fatto capire, che avrebbe dato una ragione, un ordine, una coerenza ad avvenimenti che apparivano fra loro slegati, incongruenti. Ma appena mi sembrava di poterlo afferrare, quel nesso, sembrava spostarsi un po’ più in là. Un po’ più in là. E ancora. Fino a dileguarsi del tutto fra il baluginare dei fari delle auto sull’asfalto bagnato.

***
Chissà se mi avevano seguita. Se ci avevano seguite nelle nostre spedizioni nella casa del farmacista. Lui no di sicuro, che me ne sarei senz’altro accorta: puoi essere dell’Interpol quanto vuoi, ma se sei pure un gran figo è difficile passare inosservato. Specie se ti metti alle calcagna di una donna.
***
La porta di ferro si era aperta, cigolando appena appena, e ne era uscita la sagoma scura di Prini. Il sole, ormai basso sull’orizzonte, proiettava la sua ombra, lunghissima, ben oltre il cornicione, nel vuoto. Si era portato una mano sulle sopracciglia per proteggere gli occhi dai raggi obliqui ma ancora forti che
incendiavano il terrazzo di una luce aranciata. Doveva pure averli strizzati, gli occhi, anche se dalla mia distanza era difficile dirlo con certezza. Alla fine mi aveva visto, seduta sul cordolo di cemento vicino alle cisterne dell’acqua.



COLPO DI FULMINE (Struck)  di Jennifer Bosworth
- Corbaccio

«Una storia intensa e coinvolgente.» Kirkus Reviews

«Cinematografico! Colpo di fulmine è costruito come una tempesta minacciosa e carica di elettricità che si addensa nel cielo.»  Jay Asher, autrice di 13

«Questo primo romanzo della Bosworth cattura subito l’attenzione perché è vivido e costruito su un presupposto geniale.»
Publishers Weekly

Mia Price è drogata di fulmini. È sopravvissuta a infinite scariche elettriche, ma la sua dipendenza dall’energia scaricata dai temporali mette in pericolo la sua vita e la vita di chi le sta intorno. Per questo si sente tranquilla a vivere a Los Angeles, perché è rarissimo che si scatenino temporali. Ma quando un terremoto devasta la città, il posto che lei credeva il più sicuro al mondo si trasforma letteralmente in un inferno. Le spiagge diventano gigantesche tendopoli e il centro è una terra perduta dove spadroneggiano bande di saccheggiatori e assassini. Due gruppi di fanatici si contendono il governo della città ed entrambi vedono in Mia una conferma alle loro concezioni apocalittiche, perché credono che Mia sia connessa alla tempesta elettrica che ha preceduto il terremoto e che si ripresenterà ancora più letale. Mia vorrebbe potersi fidare di Jeremy, affascinante ed enigmatico, che ha promesso di proteggerla e verso il quale si sente attratta da una forza e una passione irresistibili, ma dentro di sé teme di essere ingannata. E solo quando tutto sembra perduto e la catastrofe finale sta per abbattersi sulla città, Mia capirà come usare il suo potere per salvare le persone che ama. E capirà se Jeremy la ama davvero…

Jennifer Bosworth è produttrice e autrice di sceneggiature cinematografiche. Vive a Los Angeles. Colpi di fulmine è il suo primo romanzo, pubblicato negli Stati Uniti a fine 2012 e ora nel resto del mondo.Per saperne di più: www.jenniferbosworth.com


DA UN’INTERVISTA A JENNIFER BOSWORTH…

Colpo di fulmine, dal titolo si direbbe che è un romanzo d’amore?

Colpo di fulmine è senz’altro una gran storia d’amore d’ambientazione post apocalittica. Non si spinge in un futuro lontano, bensì in un futuro vicino dopo una catastrofe: in questo caso un terremoto che ha devastato la città di Los Angeles. Un’altra caratteristica oltre alla potente storia d’amore che lega in maniera indissolubile i due protagonisti è l’elemento soprannaturale che permea buona parte della narrazione.

Questo è il debito che lei ha nei confronti di Stephen King (che ha amato il suo libro)?

Se c’è una cosa che ho imparato da Stephen King è che il soprannaturale può trovare una sua precisa collocazione anche in racconti del più crudo realismo. Colpo di fulmine è la storia di cosa può succedere quando una metropoli collassa nel giro di tre minuti. Una storia di temporanea follia e fanatismo religioso radicati e lasciati crescere nel terrore causato da un evento straordinario che si è verificato. Ma è anche una storia sui misteri del mondo naturale, sul potere creativo e distruttivo di fenomeni naturali come i fulmini. «Magico» è spesso il termine che le persone usano per definire un fenomeno che non capiscono, e poche cose sono così impressionanti come i fulmini.

 

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