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Home | Al Salone del Libro

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Al Salone del Libro

Non so se capita anche a voi, ma ogni volta che vado al Salone Internazionale del Libro mi emoziono. Forse è l'età, più passa il tempo, più divento sentimentale. E poi in Italia quella del libro sembra una causa persa. A ben pensarci, c'è effettivamente di che piangere, visti gli ultimi dati Nielsen, ma andiamo con ordine.

Dicevo, l'entrata al Salone... dopo aver fatto diligentemente un (bel) po' di fila, ho messo il piedino dentro al padiglione Uno e mi sono sentita come una credente nel tempio della lettura. Montagne di libri mi hanno accolto, mentre decine di stand erano già stati attaccati dagli avventori, nonostante fossi arrivata presto. Nell'imbarazzo della scelta (dove andare prima?), mi sono messa in fila per la toilette. Come metà delle donne al Salone, d'altra parte, ma almeno quella è stata l'ultima fila che ho fatto, perché per il pranzo mi sono portata un panino. Tiè.

Quest'anno ospite d'onore è stato Vaticano. Ve lo dico subito, non mi interessa, quindi, che mi colga subito uno zot, vado oltre e non commento.

Secondo quanto comunicato dall'organizzazione, il Salone ha registrato un aumento di visitatori del 3% rispetto all'anno passato, e vi è stato mediamente un incremento delle vendite. Bene, dico io, che poi è stato anche il tema dell'evento, "Bene in vista". Il Salone ogni anno aumenta i dati, mentre gli italiani che leggono e acquistano libri ogni anno diminuiscono. Forse noi italiani siamo lettori collettivi: ci piace spendere tutti insieme, vicinivicini, ma poi quando siamo soli, a girare tra gli scaffali delle librerie, o, ancora peggio, a cliccare "compra" nei bookstore online, ci lasciamo intimidire. Tuttavia, il Salone a mio parere è poco indicativo: chi paga 10 euro di entrata, e magari anche il biglietto del treno se non abita a Torino, è spesso un lettore forte, un libromane, che va al Salone non solo per trovare dei testi che, diciamolo, si trovano anche altrove, ma per respirare l'odore dei libri, per rompere le scatole agli stand cercando di parlare con gli editori o chi per loro, e condividere una giornata o due con migliaia di altre persone malate dello stesso male, la lettura.

Poi, da non dimenticare, ci sono gli incontri col pubblico e le conferenze, che offrono la possibilità di ascoltare autori, editor, traduttori e via dicendo. 

Quast'anno ne ho ascoltate alcune, gradendo particolarmente l'incontro con i rappresentati della giovane ma grintosa casa editrice Jo March, che, corrompendoci con caffè e English biscuits al burro, hanno presentato le loro nuove proposte editoriali, quali un inedito di Elizabeth Gaskell, Gli innamorati di Sylvia (che ovviamente ho comprato), il saggio biografico Jane Austen, I Luoghi e gli Amici, di Constance Hill e il romanzo italiano Una vita da libraio, di Nicola Mucci, presente all'incontro. Ne ho approfittato per complimentarmi per le loro ottime traduzioni di libri inediti di grandi autori, o su grandi autori, perché non se ne può più delle continue riproposte, con nuove traduzioni, nuove copertine ecc., degli stessi classici. Ebbasta.

Interessante è stato anche ascoltare l'editor per i libri italiani della Mondadori, Giulia Ichino, e Sandra Ozzola Ferri, fondatrice delle Edizioni e/o. Come hanno fatto ad acquisire i diritti di un grande best seller come L'eleganza del riccio? (ma quanto mi è piaciuto quel libro, leggetelo se non lo avete ancora fatto). Comprandoli per 4.000 euro, se non ricordo male, alla Fiera del Libro di Francoforte, quando ancora non era famoso e osannato.

Ma se con alcuni editori è stato possibile parlare, altri hanno messo negli stand solo libri e cassiere, politica molto triste, perché il Salone ha senso se permette un contatto anche di scambio con i lettori, per quanto questo possa essere martirizzante. Se il Salone viene inteso solo come una libreria, ma più grande, allora forse c'è qualcosa che non va. Sono tra coloro che non si intimidiscono a fare clic e comprare libri online se non li trovo in libreria, non mi serve andare fino a Torino. Detto questo, devo anche ammettere di aver speso un patrimonio. Già che c'ero...

Ho girato tra gli stand carica di libri come Atlante, il mitologico titano che regge sulle spalle il globo terrestre, spesso nella vana ricerca di una panchina, che non c'era e se c'era era già presa. Sempre. Poche e occupate: in compenso la moquette azzurra diventava sempre più invitante, dopo qualche ora in piedi.

Essendo un'appassionata di letteratura fantastica, non ho potuto non prendere atto dell'assenza di alcuni importanti editori, come la Delos, che, secondo quanto comunicato dall'editore stesso, è in gravi difficoltà e pubblicherà meno cartacei e autori stranieri (ah, dolore). La storica casa editrice Armenia ha addirittura cessato le pubblicazioni. È in fallimento o in liquidazione e l'assenza del suo stand ha pesato come un macigno su chi, come la sottoscritta, seguiva le sue proposte da sempre, sia nella saggistica che nella narrativa. Altro editore del fantastico, Elara, anche quest'anno al Salone non ha partecipato e immagino avrà avuto le sue buone motivazioni. La lista degli assenti ma importanti potrebbe andare avanti, a ribadire una crisi editoriale che, se è vero che ha colpito tutti, certi editori - quelli piccoli e indipendenti - li ha proprio ammazzati. Al Salone quest'anno c'erano dei fantasmi.

In compenso, i grossi marchi editoriali hanno goduto di stand strapieni, in cui era come di consueto  difficile muoversi, sfogliare, financo respirare. Credo di averli visitati in apnea, optando per trascorrere maggior tempo in quelli degli editori minori. Ah, il fascino delle cause (non ancora) perse.

L'evento di quest'anno si è aperto con una "polemica", quando all'inaugurazione il ministro Franceschini ha attribuito la causa della crisi dell'editoria alla televisione. Per quanto valga il mio parere (sospetto niente), non penso che la causa sia la tv, ma credo il ministro abbia fatto bene a ribadire il problema editoriale italiano e la televisione in questo senso potrebbe diventare una risorsa, se mai si osasse dedicare un po' di spazio ai libri in programmi seri ma anche stimolanti, come mai o quasi mai è avvenuto nel nostro Paese. Se non se ne parla al Salone, allora quando?

Ci tornerò l'anno prossimo, naturalmente. Ospite d'onore sarà la Germania e già si intravedono nuove polemiche. Speriamo i dati di vendita generali saranno per allora in aumento (lieve, è, non sia mai). Che poi equivarrebbe a dire che la crisi dell'economia italiana possa, in un anno, diminuire. Un'utopia, ma a noi lettori piace sognare.

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