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In the Spotlight/Sotto i riflettori

L'AUTRICE

Sabina Di Gangi è nata nel 1977.

Vive in Sicilia con il marito e i loro due figli.

Nel 2001 si è diplomata in flauto traverso al Conservatorio di Palermo.

Nel 2011 pubblica il suo primo romanzo “Contro Satana” (Arduino Sacco Editore). 

IL ROMANZO 

CERCANDO DI TE - Narcissus

Philip è un uomo bellissimo, sicuro di sé, apparentemente sereno. Ma dietro quest’aspetto rassicurante si cela un tormento che lo devasta da dieci anni, dal giorno in cui è fuggito da Glastonbury per rifugiarsi a Londra, per cercare di sfuggire al dolore che lo soggioga giorno e notte, lasciando lì la donna che ama disperatamente, Nicole. Ma non può fare a meno di vivere per lei, nel suo ricordo, non può sottrarsi dal cercarla in ogni sguardo, ogni corpo, in ogni donna che il destino gli mette davanti. E le conquista tutte, ha bisogno di loro perché è l’unico modo per poter avere fra le braccia lei. Ѐ come una droga, e deve assumerla costantemente per trarne sollievo. A Glastonbury ha lasciato sì Nicole, ma anche l’anziana madre ormai ammalata. Le due donne vivono insieme, ma Philip non ne è a conoscenza. Nicole, nel tempo, è divenuta per la signora Freeman la figlia femmina mai avuta. Nicole, a Freeman’s House, cerca di ricordare Philip, nel volto della madre, negli oggetti che la circondano, nelle foto, sopportando anch’essa il dolore in silenzio, sperando. Quella casa è per lei l’unico luogo per poterlo amare segretamente, aspettando che il destino muova gli animi assonnati, intorpiditi dalla paura, paura di amare senza essere respinti.
Quanto può attendere un amore? Un giorno, un mese, un anno… dieci anni, prima che il tormento logori l’anima. Philip e Nicole sopportano in silenzio, colmando i vuoti. Lui cercando in ogni donna qualcosa che gli ricordi lei. Lei, che si circonda di oggetti, foto, affetti che la possano legare a lui. Aspettando che sia il fato a giocare la prima  carta, sperando che il tempo non affievolisca i sentimenti. Sperando che il sole non spunti più pur di dimenticare e sperare che sorga per l’eternità pur di potersi rincontrare. Un amore puro, che va contro ogni regola, contro tutto e tutti.

 

L'ESTRATTO

Per dieci lunghi anni, ogni giorno il sole sorgeva, ogni benedetto giorno ogni raggio di quel sole colpiva la terra investendo Philip. Ad ogni suo risveglio, quel nuovo giorno lo sorprendeva tormentandolo. Ne era minacciato ricordandogli che anche Nicole
si stava svegliando lontana da lui, che anche a Glastonbury il sole investiva la terra e che anche lei ne era irradiata ma senza che Philip potesse starle accanto.
Sulla Jaguar Nicole, con gli occhi chiusi, si godeva quel tiepido sole di settembre. Ma adesso Philip sedeva accanto a lei e potevano goderne insieme. Lui, il sole, avrebbe continuato il suo ciclo sorgendo ogni mattina in quel lembo di terra fino alla fine dei tempi.Philip avrebbe continuato fino alla fine dei suoi giorni a godere di
quei raggi che accarezzavano la sua donna.
«Se qualcuno, una settimana fa, mi avesse detto: ‘Philip tornerà e fuggirete insieme’ gli avrei riso in faccia.» Affermò Nicole con gli occhi ancora chiusi.
«La vita, nel bene e nel male, riesce sempre a sorprendere.» Aggiunse Philip.
«In passato, e ancora oggi in verità, mi chiedo come tu abbia trascorso questi dieci anni.»
Philip ripensò alle accuse di Sandrine e alla possibilità che Nicole avesse potuto ascoltarle. «Be’…» accennò un ghigno colmo di amarezza, «vuoi che ti racconti la verità?»
Nicole colta di sorpresa riaprì gli occhi per scrutare quelli di Philip. Non aveva considerato una reazione simile né, tantomeno, pensava di far riaffiorare una verità che lasciava l’amaro in bocca a Philip.
Intenta a coprire il collo e il decolté con una lunga sciarpa viola ammise che era molto incuriosita dalla verità che Philip le avrebbe potuto confidare. Philip, dal canto suo, aveva deciso di raccontare e confessare il perché della sua fuga, pensando che ciò avrebbe reso la loro unione ancora più salda.
«Sono fuggito l’indomani della rievocazione, ricordi?»
«Sì, non dimenticherò mai quel giorno.» Ammise.
Nel frattempo erano giunti di fronte al bivio che portava a Glastonbury, Philip imboccò la direzione opposta. «Hai sbagliato!» esordì indicandogli la strada che portava in
città.
«Non ho sbagliato, stiamo andando all’Exmoor National Park. Abbiamo ancora un pomeriggio da trascorrere in santa pace.»
Nicole fece un chiaro segno di approvazione per la decisione presa dal suo uomo rilassandosi sul sedile. «Allora, vuoi ancora sapere come ho trascorso questi dieci anni lontani da te?»
«Sì.»
«Dopo l’incidente che hai subito nelle vesti di Ginevra mi sono sentito in colpa. Ti amavo già da allora, avevo atteso quel giorno da settimane nella speranza di poterti stare accanto e poterti confessare quanto ci tenessi a te.»
«Ma non è stata colpa tua. Ѐ stato un incidente.» Lo rassicurò.
«Sì, ma non sono riuscito a slegare la caviglia, non sono riuscito a farti scendere dal cavallo, anzi, ho solo peggiorato le cose. Sono stato inutile. Sono stato uno stupido. George ti ha prontamente sollevata per portarti via.»
Nicole scosse la testa. «E sei fuggito per questo?»
«Sì. L’insicurezza e il senso di inutilità mi aveva suggerito che l’unica strada da seguire era quella della fuga. Ai tuoi occhi mi ero comportato da vigliacco. E come tale non potevo starti accanto. Tu non meritavi di avere accanto un vigliacco, un perdente.»
«Ma tu non eri né un vigliacco, né un perdente. E tutta questa insicurezza mi sta spiazzando. Io pensavo fossi totalmente diverso. Ai miei occhi e a quelli di tante altre eri irraggiungibile, eri l’essenza stessa dell’audacia, della risolutezza. Avevi un modo di fare, di muoverti che lasciava tutte senza fiato. E tutto questo mi piaceva, perché riconoscevo nei tuoi modi di fare anche una recondita dolcezza. Anch’io avevo atteso la rievocazione per settimane. Anch’io non vedevo l’ora di poterti finalmente guardare negli occhi, di rivolgerti un sorriso. Lì, sui cavalli, saremmo stati io e te, senza George, senza Terry o qualcun altro che potesse distrarci. E poi… invece, tutto è andato in fumo. Da quel giorno, non vedendoti più ho pensato al peggio. Avevo paura di non poterti più guardare negli occhi, la nostalgia mi faceva male e paura, e ne ho sofferto tantissimo.»
«Io temevo che ai tuoi occhi, dopo l’incidente, mi vedessi come un essere abietto. Avevo fatto realizzare un anello per te, ed è stranamente l’anello che porti al dito, lo avevo gettato a Chalice Well.» Continuò la sua confessione sfiorandole la mano
che indossava l’anello. «L’unica soluzione era scomparire per sempre. Ma non è stato facile, per niente. Ogni notte gli incubi mi attanagliavano, ogni notte per dieci anni fino al giorno che ti ho rivista. Ero follemente tormentato dall’idea che tu mi avessi dimenticato. Ma allo stesso tempo non potevo dimenticare te. Avevo
bisogno di te. Mi sentivo incompleto, come la metà di qualcosa a cui non mi potevo ricongiungere. Cercavo in ogni donna qualcosa che mi ricordasse il tuo viso, il tuo corpo, i tuoi occhi, il tuo modo di parlare, di muoverti. Eri il diamante a cui paragonare ogni altra pietra.»
Nicole, in mesto silenzio, ascoltava Philip e riconosceva nel suo timbro e nelle sue espressioni tanta sofferenza. Negli anni aveva sperato che almeno lontanamente potesse ricordarsi di lei ma mai avrebbe immaginato un tormento simile. E pensava anche all’anello, a come il fato lo avesse portato proprio a lei, la donna a
cui era stato destinato.
«Non posso credere che sia successo a noi. Ѐ come se il destino ci avesse beffati. Lasciare trascorrere tutto questo tempo nell’attesa l’uno dell’altra. Entrambi ci desideravamo senza capire… senza sapere.»
«Mia madre aveva capito, sapeva tutto e non ha fatto nulla. Non aveva mai accennato alla tua presenza in casa, non mi aveva detto che le tenevi compagnia, che le stavi accanto giorno e notte. Ma lei sapeva il motivo della mia fuga, sapeva quanto fossi tormentato, e sapeva che sarei tornato se solo avessi saputo che tu eri lì, che non
avevi un compagno, un marito.» Continuò lui.
«Io aspettavo te, con dolore sopportavo la tua assenza, cercavo di resistere sperando che un giorno saresti tornato. Stare accanto a Lizzy era come starti vicino. Potevo parlarle, potevo osservare le tue foto, potevo dormire nella tua camera, toccare i tuoi oggetti, odorare i tuoi vestiti. Adagiavo il viso sul tuo guanciale e ti sognavo accanto
a me. Le mie lacrime assorbite dalle federe erano la penitenza che mi spettava per non aver mai provato a rivolgerti la parola.»
Philip commosso allungò il braccio per accarezzarla, lei si avvicinò poggiando la guancia sulla spalla di lui. Rimasero qualche attimo in silenzio, riflettendo entrambi su quanto la sorte li avesse tenuti in pugno. Il contatto col corpo di Philip la riscaldò, si sentì avvampare, le gote rosse erano nascoste agli occhi di Philip intento a guidare, ma il calore che sprigionavano lo percepì tutto rimanendone estasiato.
Attraversarono la cittadina di Porlock per poi proseguire fino a Porlock Weir e parcheggiare in prossimità della spiaggia. Non c’era praticamente nessuno. Unico alleato in quegli attimi era il rumore del mare che si adagiava sulla battigia.
«Facciamo una passeggiata lungo la spiaggia?» propose Philip
scendendo dall’auto.
«Sì.» Il cuore di Nicole era impazzito. Dopo aver reciprocamente dichiarato il loro amore adesso non restava altro che poterne godere appieno.
Nessuna interferenza. Nessun incidente. Nessuna insicurezza.
Niente e nessuno poteva ostacolare i loro sentimenti. Si avvicinarono alla riva. Avvinghiati come tenere foglie di edera.
Philip si fermò per guardare negli occhi Nicole. Sarebbe rimasto a guardarla per l’eternità. Le cinse le guance fasciandole il viso delicatamente. Lei tra l’imbarazzo e l’eccitazione si lasciò sfuggire un tenero sorriso.
«Dio, quanto mi sei mancata!»
«Ti amo Philip, ti amo con tutta me stessa.» Sussurrò. Una lacrima le rigò il viso.
«Ѐ come se il nostro amore fosse stato concepito ancor prima che nascessimo. Le nostre anime si appartenevano già, sfiorandosi hanno innescato un’energia che non può spegnersi. La nostra vita è in funzione l’uno dell’altra, i nostri battiti, i nostri respiri lo sono.Non avrei potuto immaginare di vivere senza te, lontani per anni ma
consci di quanto ci amassimo anche…»
Nicole gli sfiorò le labbra dolcemente. Il viso sempre più vicino, le labbra si toccarono. Nicole chiuse gli occhi provando un brivido, le gambe per qualche momento cedettero ma lei si agguantò al suo uomo traendone sostegno e forza.
Philip le accarezzò i capelli, la guardò profondamente e il verde dei loro occhi si congiunse come fosse stato un unico iride, entrambi non riuscivano a respirare, entrambi erano vittime felici di quell’amore. Potersi finalmente toccare, odorarsi, baciarsi. Poter finalmente ricongiungere la loro carne, poter essere l’uno dentro
l’altra, un unico corpo.
Loro malgrado erano in prossimità del paese e una leggera
pioggia scendeva dolcemente.
Nicole alzò il mento lasciandosi bagnare il volto. Philip colse l’occasione per poterle baciare il collo, teneri baci che via via divenivano colmi di passione. Un’irrefrenabile voglia di aversi.
Nicole piangeva di felicità, le loro labbra si cercavano e possedevano.
Tra un bacio e l’altro, tra un sospiro e un sorriso Philip le sussurrò una frase che Nicole non avrebbe mai più dimenticato.
«Ho atteso, ho sofferto, ho sperato che il sole non sorgesse più pur di dimenticare e ho sperato che il sole sorgesse per l’eternità pur di poterti riabbracciare.»

 

 

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