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UN MARITO PER REGINA
L'ULTIMO ROMANZO DI ROBERTA CIUFFI




Siamo molto felici di avere nuovamente tra noi una delle scrittrici italiane più conosciute e apprezzate Roberta Ciuffi. Nella precedente intervista ( http://romancebooks.splinder.com/post/15693530 ) abbiamo conosciuto una donna simpatica e affascinante, sempre disponibile, ed ora ^______^ approfittando della sua gentilezza, vorremo fare cosa gradita a tutte le lettrici, pubblicando alcune anticipazioni e un estratto del suo nuovo romanzo, che troverete in edicola con i romanzi Mondadori di febbraio.

Roberta Ciuffi risponderà a tutte le vostre domande, perciò non perdete l'occasione di chiacchierare con lei, e ricordatevi di firmare il vostro commento con un nome o con un nick. Tra tutte coloro che parteciperanno Roberta metterà in palio una copia con dedica del suo nuovo romanzo.



1. Ciao Roberta, prima di tutto voglio ringraziarti per avere accettato di essere nuovamente nostra ospite, devi sapere che dopo aver letto “La rosa delle Maleterre” ( che mi è piaciuto moltissimo) sono molto curiosa di sapere se anche il nuovo romanzo avrà un'impronta paranormale, puoi raccontarci qualcosa?

Non per il momento. No, il mio nuovo romanzo è al contrario molto ‘normale’. Però ho nel cassetto un paio di libri con una componente paranormale più pronunciata che in ‘Rosa delle Maleterre’. Uno è terminato, ed è in visione alla Harlequin, l’altro… è in attesa da un tempo irragionevolmente lungo di trovare una fine. La colpa non è della storia, che mi piace e mi attira, anche se ormai dopo tre anni ha bisogno di una bella… revisionata. Piuttosto, è colpa mia: ho passato un lungo periodo di scoraggiamento riguardo alla scrittura, una caduta libera nel pieno della peggiore crisi di ‘tanto a che serve’ che mi sia capitato di vivere. Adesso però mi sono in parte ripresa e ho ricominciato a sedermi davanti al computer per qualche ora al giorno. Perciò, dopotutto, forse alcune storie troveranno la loro giusta… lieta… fine.


2. I tuoi personaggi sono sempre straordinariamente umani, e il più delle volte appartengono al popolo, anche questa volta manterrai le stesse caratteristiche?

No, in questo caso appartengono all’alta borghesia, quella che ha troppo denaro per vedere la necessità di possedere anche un titolo nobiliare. Ma ci sono un paio di personaggi appartenenti al popolo, e almeno uno non è di secondaria importanza.


3. Che genere di ambientazione hai scelto ?

Ecco, qui c’è una novità. La storia è ambientata a Genova, una città che conosco poco e che mi piace tanto. Spero solo di non aver commesso qualche imperdonabile errore nelle mie descrizioni… Sai che sono un po’ una maniaca dell’autenticità. Se ho il sospetto di aver sbagliato qualcosa mi viene il mal di pancia. Io invento solo le piccole storie dei miei personaggi, non modifico né manipolo mai la Storia per piegarla alla necessità delle trame.


4. Come ti è venuta l’ispirazione?

L’ho descritto nella postfazione, ma te lo anticipo. Mi trovavo a Genova con mio nipote Marco, che allora –nel ’97- aveva 12 anni. Abbiamo visitato l’Acquario, e poi di nuovo l’Acquario, e poi abbiamo fatto la gita del porto, e poi di nuovo… Insomma, non è che non mi divertissi, ma la mia mente ad un certo punto ha iniziato a vagare e cercare una storia da scrivere. E visto che mi trovavo a Genova, è stato quasi automatico ambientarla là. Quanto all’ispirazione vera e propria, avevo in mente una famiglia particolare, in cui il sentimento e la passione scorressero come il sangue nelle vene, fino a farne l’impalcatura della propria visione del mondo, a scapito anche della morale dell’epoca. E volevo vedere se questo romantico atteggiamento poteva andare bene proprio per tutti…
Credo che lo spunto me l’abbia dato un racconto di Maupassant, che ho letto da ragazza. Lì l’esito era così tragico che ho sempre avuto voglia di ribaltarlo.


5. Qual è la scena che ti è piaciuto di più scrivere?

Ogni scena in cui era presente l’ineffabile signor Marrè, che, pur non essendo il protagonista, o un personaggio principale, è stato quello che mi ha divertito di più… e che in fondo mi è più caro, perché si è rivelato la mia inattesa piacevole scoperta. Non l’avevo previsto, non sapevo neppure che esistesse… finché non è comparso sulla mia pagina con la sua giacchetta troppo corta e il bastone da passeggio da damerino.


6. Questo è il quindicesimo romanzo che pubblichi con la Mondadori: vuoi parlarci un po’ della tua carriera di scrittrice, quali sono i tuoi obiettivi ?

Non vorrei apparire negativa, ma la mia carriera di scrittrice esiste solo grazie a voi, al vostro apprezzamento. Se non fosse per questo, la macchina da cucire avrebbe da tempo preso definitivamente il posto del computer sulla mia scrivania. L’anno passato è stata Mariangela Camocardi a spronarmi, a convincermi che non potevo tirarmi indietro, che c’erano tante lettrici che amavano i miei lavori, e di questo la ringrazio. Ma la situazione italiana è soffocante, e noi autrici italiane dobbiamo davvero tirare una carretta molto pesante per andare avanti con un lavoro che in definitiva non è considerato tale se non da noi. Al momento, sto cercando altri spazi di visibilità, sto lavorando a due romanzi diversi (entrambi ambientati in Inghilterra… che ne dite?) che chiedono di vedere la fine, poi tornerò forse al mio paranormale, e poi… chissà. Vorrei fare anche qualche nuovo tentativo per un paio di romanzi al di fuori del romance che ho scritto anni fa, e che sono stati… regolarmente… bocciati. Uno è un romanzo per ragazzi, e l’altro parla di una bambina che capita a sorpresa in una anomala famiglia composta da tre anziani fratelli… non so che genere sia. Sapete, questa necessità di definire il genere di un libro e trovare il target mi fa uscire di testa. Quando mi chiedono: -Qual è il target?- comincio a balbettare. È una cosa che, purtroppo, non mi chiedo mai quando comincio a scrivere. Scrivo sulla spinta di un’idea che non si lascia piegare, ammansire e mettere via. Non sempre il romanzo che ne risulta sarà buono, ma almeno sarà autentico… anche se io dovrò restare la sua unica lettrice.




ESTRATTO dal libro "Un Marito per Regina"

Il colonnello la salutò dopo averla accompagnata nell'androne. Aveva degli impegni per il resto della giornata, disse. Altrimenti nulla gli avrebbe impedito di sedere accanto a lei ad approfondire la loro conoscenza.
Davanti al fuoco, probabilmente, pensò Regina salendo le scale con impeto. Quanto a lei, per oggi ne aveva abbastanza di compagnia maschile, e in particolare di quella del colonnello Umberto Canterai. Aveva perso l'abitudine di conversare con gli uomini. Quel sottile gioco di lame, il gusto del detto e non detto, gli sguardi lanciati e subito negati, tutto il galateo del civettare che in gioventù conosceva a menadito ora la lasciava sconcertata. Le sembrava di aver perso il suo spirito.
Le occorreva tempo, pensò dirigendosi al salotto, nella speranza di trovarvi Ginevra ad attenderla. Aveva qualche domanda da rivolgerle sul colonnello, o meglio, sulla moglie di lui. Quando entrò nella stanza, però, ebbe la sorpresa di trovarvi solo il signor Balestreri, intento a fissare un quadro come se non si fosse mai mosso di lì per tutto il tempo.
Lui si girò e il lampo nel suo sguardo le fece comprendere di aver riscosso la sua approvazione.
"Signor Balestreri," disse, non riuscendo a celare lo stupore. Si tolse il cappellino, toccandosi poi la testa con rapidi colpi per verificare che l'acconciatura fosse in ordine. "Non mi dica che Babetta non è ancora arrivata!"
"Sembrerebbe così, vero?" replicò lui, guardando per la prima volta i suoi capelli privi di cuffia, castani e molto folti. A meno che non si trattasse di posticci, erano bellissimi. "No, la sua cara nipotina è andata a prendere un album di disegni che ha eseguito durante il viaggio. Ha notato il mio interesse per i quadri."
"Le interessano veramente?" Da parte sua Regina ne dubitava.
Difatti lui sollevò le spalle, stringendo le labbra in un sorriso ironico. Una volta di più notò la sua eleganza, non solo d’abbigliamento, ma d’aspetto. Si chiese da dove provenisse. Sapeva che la sua prima moglie era stata una donna molto ricca. Chissà se l'aveva sposata per interesse. Era un'usanza abbastanza comune, benché i Fleres la disapprovassero.
"Ha apprezzato la sua passeggiata?" chiese lui, cambiando argomento. "La giornata non è molto bella."
"E' vero. Ma ho apprezzato la compagnia." Si accorse di aver parlato quasi con sfida, e se ne chiese la ragione.
Balestreri sollevò un sopracciglio nero. "Il colonnello sembra un uomo dabbene. Con una solida posizione."
"Già. Un partito estremamente desiderabile." Regina arrossì, rendendosi conto di quel che aveva detto. Non era argomento da affrontare con un estraneo. Ma lui non parve trovarci niente di sconveniente, perché annuì, come se approvasse.
"E' così," disse. "Noto con piacere che lei è una donna con la testa sulle spalle."
Il che significava, pensò furibonda, una donna attempata che non si gingillava con futili pensieri d'amore. Ma chi si credeva di essere?
"E lei?" non poté trattenersi dal replicare. "Lei ce l'ha, la testa sulle spalle?"
L'uomo sollevò entrambe le sopracciglia, stupito. "Cosa intende dire? Credo che chiunque mi conosca sappia…"
"Parliamo di Babetta," lo interruppe in fretta, prima che il buon senso tornasse a governarla. "Mi spieghi, che tipo di interesse può suscitare una ragazzina di nemmeno diciassette anni, in un uomo come lei?"
Lui la fissò per un lungo istante, con le labbra serrate ed il respiro un po’ affrettato. Buon Dio, quell'uomo si credeva una specie di divinità. Probabilmente nessuno osava mai affrontarlo o chiedergli ragione delle sue azioni.
"Posso domandarle il motivo di questa domanda?" sibilò infine.
Regina si era già pentita dell'impulso che l'aveva spinta a porgliela, ma ormai non poteva più tirarsi indietro. "Mia nipote è una ragazza adorabile," affermò, senza troppa convinzione. "E' giovane, eccitabile. Lei invece è un uomo maturo, e quanto di più lontano da Babetta si possa immaginare."
"Non crede che sia proprio questo ad attrarmi?"
"Non crede di aver bisogno di un altro tipo di donna?"
"Non immaginavo che mi conoscesse così bene da sapere quale tipo di donna mi occorresse. Sta forse ponendo la sua candidatura?"
Regina si morse la lingua per frenare la risposta che le veniva spontanea. Non l'avrebbe voluto neppure corredato del tesoro di re Salomone. Se la visione della sua vita con il colonnello non le appariva proprio rosea come si poteva desiderare, quella con il signor Balestreri… Barbablù… volgeva decisamente al nero.
"Mi scusi, non intendevo offenderla. Ma le vostre personalità, la sua e quella di Babetta, sono veramente… contrastanti. Mi chiedo se lei sarà in grado di renderla felice."
Lui inspirò profondamente, quasi avesse bisogno di calmarsi prima di rispondere. Aveva spalle larghe, notò lei. E, naturalmente, anche il torace.
"La cosa non la riguarda," disse l'uomo, parlando lentamente. "Ma comprendo la sua preoccupazione per una giovane di cui, in qualche misura, si sente responsabile. Voglio che sappia che considero quella ragazza la cosa migliore che mi sia mai capitata nella vita. Babetta è come una fiamma sempre accesa."
Oh si, pensò lei con tristezza. Come una candela che brucia da entrambe le estremità. Anche Isotta era così. Fiamme simili erano destinate a spegnersi presto.
"La mia prima moglie," seguitò lui dopo una breve esitazione, "era una donna eccellente. Eccellente. Un'ottima madre. Moglie esemplare e perfetta padrona di casa. Ma è morta, ed io sto invecchiando. Credo di aver diritto di scoprire se dalla vita posso ottenere un po’ di… emozione."
Naturalmente, pensò Regina, intendeva dire passione. In quell'istante un ticchettio di stivaletti risuonò dalla stanza adiacente e la voce allegra di Babetta li raggiunse prima che lei si mostrasse sulla soglia.
"Ecco qua i miei capolavori! E se non li riterrà degni d'essere esposti alla galleria d'arte, non le rivolgerò più la parola."
Regina si volse per veder entrare la nipote. Era veramente uno spettacolo di grazia e gioia di vivere. I suoi capelli erano neri e lucidi, gli occhi verdi dei Fleres scintillavano simili a smeraldi, di una tonalità molto più accesa dei suoi.
La donna avvertì una fitta acuta di dolore al cuore. Quando si girò a congedarsi dal signor Balestreri, la vista del suo sguardo fattosi più morbido accentuò la sensazione.
Si avviò alla sua stanza, lasciando soli i due fidanzati. In quella casa non era considerata una cosa sconveniente, ma sempre abbastanza inopportuna da meritarle qualche rimprovero, se si fosse risaputo. Tuttavia sentiva la necessità di stare da sola.
Da quando un uomo non la guardava più a quel modo? Andrea l'aveva fatto. Come al solito, scacciò il pensiero con fastidio. Se le persone che la circondavano avessero saputo quanto poco tempo dedicasse al ricordo dell'innamorato defunto, si sarebbero stupiti. Loro la credevano ancora profondamente immersa nel dolore, inconsolabile. Non avevano idea della voglia che provava di strapparsi di dosso quel medaglione e gettarlo via per sempre, assieme alle gramaglie da vedova e alle menzogne. Oh, le menzogne! Ne aveva dette talmente tante, ormai, che non era più possibile tornare indietro.
Aveva ancora la sua stanza di ragazza, nella parte della casa un tempo riservata ai giovani della famiglia. Babetta dormiva appena qualche porta più in là. Era come non essere mai cresciuta, pensò gettando il cappellino sulla poltrona ed accostandosi alla finestra. Guardando fuori, si tolse macchinalmente la mantella, piegandola poi sopra un braccio.
Da lì vedeva il mare. Quel giorno la distesa che si spiegava fino all'orizzonte era grigia e spenta, come il cielo, come la sua vita. Doveva portare avanti questa storia con il colonnello Canterai? O attendere qualcuno che fosse capace di farle veramente palpitare il cuore? Un uomo che la rendesse viva e la considerasse… l'emozione della sua vita.
Ma aveva quasi trent'anni e il colonnello le offriva una casa, e una famiglia già formata da amare. Forse altri figli. Il futuro, per quanto ne sapeva, poteva anche essere grigio e spento come il mare in quel momento. No, se lui le avesse fatto la proposta, l'avrebbe accettata.
 

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