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Mercoledì, 18 gennaio, 2012 - 01:47
Maet

Il Segno dell'Untore - Giveaway del Nuovo Romanzo di Franco Forte

 

Dal 17 gennaio è disponibile in libreria il nuovo romanzo di Franco Forte, pubblicato da Mondadori nella collana Omnibus, che oggi abbiamo il piacere di presentarvi. Se amate i libri dalle tinte forti, in cui oltre all'accurata ricostruzione storica e a un'intrigante trama gialla, potrete trovare anche una intensa storia d'amore, Il segno dell'untore fa al caso vostro.

Vi offriamo l'occasione di vincere una copia autografata dall'autore. Come?

- Registratevi al nostro sito
- Condividete questo post attraverso i social network (FB, Twitter ecc.)
- Lasciate un commento entro e non oltre il 26 gennaio

 

IL SEGNO DELL'UNTORE
La prima indagine del notaio criminale Niccolò Taverna

Milano, anno del Signore 1576.
Sono giorni oscuri quelli che sommergono la capitale del Ducato. La peste bubbonica è al suo culmine, il Lazzaretto Maggiore rigur
gita di ammalati, i monatti stentano a raccogliere i morti. L’aria è un miasma opaco per il fumo dei roghi accesi ovunque.
In questo scenario spettrale il notaio criminale Niccolò Taverna viene chiamato a risolvere due casi: un furto sacrilego in Duomo e un brutale omicidio. Chi ha assassinato il Commissario Inquisitoriale Bernardino da Savona? E perché? E chi ha rubato il candelabro di Benvenuto Cellini dal Duomo?


IL LIBRO E IL PROTAGONISTA

La figura del notaio criminale che si muove nel suggestivo scenario della Milano del 1500, dominata dalla Corona di Spagna e minacciata dalle continue epidemie di peste, è alla base del romanzo “Il segno dell’untore” di Franco Forte (Mondadori, in libreria dal 17 gennaio 2012), che ha per protagonista il giovane magistrato Niccolò Taverna nella capitale del Ducato nel 1576.
Investigatore astuto, intelligente, grande osservatore di particolari che sfuggono a inquirenti e criminali, Niccolò Taverna si trova a dover risolvere difficili casi di omicidio in un clima di tensione tra il Governatore della città, il potere clericale, rappresentato dalla figura dell’arcivescovo Carlo Borromeo, e la Santa Inquisizione spagnola, che vede nell’arcigna figura di Guaraldo Giussani il suo nume tutelare.

Nel primo romanzo delle indagini di Niccolò Taverna, questo straordinario personaggio che sfrutta tecniche investigative a volte sorprendentemente moderne, per quanto perfettamente calate nel contesto storico in cui si muove (e ben documentate dall’autore) si muove in un mondo ricostruito alla perfezione, facendo compiere al lettore un vero e proprio salto all’indietro nel tempo di quasi 500 anni, in una Milano in cui, sullo sfondo del Duomo ancora in costruzione, delle colonne di fumo che si sollevavano dai fopponi, le fosse comuni in cui si bruciavano i morti di peste, dei conflitti di potere tra Stato e Chiesa, la criminalità dilaga incontrastata e stupri, furti e omicidi sono pratiche all’ordine del giorno.

Quella che Niccolò deve seguire è un’indagine incalzante, con lo spettro incombente della Santa Inquisizione che incombe ovunque, per risolvere un caso di omicidio che potrebbe dimostrarsi molto pericoloso. Lo stesso arcivescovo Carlo Borromeo pare implicato, così come le più alte cariche della Corona di Spagna e della Santa Sede. Per non parlare dell’ordine degli Umiliati, che il Borromeo ha cancellato e che già una volta ha cercato di uccidere l’arcivescovo di Milano.
Sfruttando le sue straordinarie capacità investigative e le tecniche d’indagine dell’epoca, il Notaio Criminale Niccolò Taverna cerca di venire a capo di questi due intricati casi, che rischiano di compromettere la sua carriera e la sua stessa incolumità. Pur sostenuto da un intuito eccezionale, è costretto a combattere contro troppi nemici, tutti troppo potenti: pericolosi assassini, la Santa Inquisizione, la peste, i cui artigli ghermiscono proprio chi Niccolò ha di più caro.
Per il più abile Notaio Criminale di Milano la sfida è aperta e la posta in gioco è alta: la propria carriera e la propria incolumità. Oltre all’amore per una fanciulla nei cui occhi ha l’impressione di annegare.

Un thriller straordinario, che non concede soste al lettore, sostenuto da una rigorosa ricostruzione storica.

L'AUTORE
Franco Forte nasce a Milano nel 1962. Giornalista, traduttore, sceneggiatore, editor delle collane edicola Mondadori (Il Giallo Mondadori, Urania e Segretissimo), ha pubblicato i romanzi Roma in fiamme, I bastioni del coraggio, Carthago, La Compagnia della Morte, Operazione Copernico, Il figlio del cielo, L’orda d’oro – da cui ha tratto per Mediaset uno sceneggiato tv su Gengis Khan –, tutti editi da Mondadori, e La stretta del Pitone e China killer (Mursia e Tropea). Per Mediaset ha scritto la sceneggiatura di un film tv su Giulio Cesare e ha collaborato alle serie “RIS – Delitti imperfetti” e “Distretto di polizia”. Direttore delle riviste Romance Magazine (www.romancemagazine.it) e Writers Magazine Italia (www.writersmagazine.it), ha pubblicato con Delos Books Il prontuario dello scrittore, un manuale di scrittura creativa per esordienti giunto alla settima edizione. Il suo sito è www.franco-forte.it.

INTERVISTA A FRANCO FORTE SU IL SEGNO DELL’UNTORE

Franco, una storia che appare davvero molto interessante, e forse per te un ritorno al thriller più canonico, per quanto all’interno dell’impianto del romanzo storico che ci hai abituato a costruire così bene.
Sì, in effetti “Il segno dell’untore” è una sorta di compendio di tutto ciò che ho imparato scrivendo prima thriller (come “China Killer” e “La stretta del Pitone”) e poi romanzi storici (da “I Bastioni del coraggio” a “Carthago” e “Roma in fiamme”). E mi pare di aver centrato il bersaglio, perché questo personaggio che ho costruito, il notaio criminale Niccolò taverna, è davvero affascinante e originale, te lo posso garantire.

Giusto, parlaci di lui. Chi è esattamente Niccolò Taverna?
E’ l’equivalente del 1576 di un moderno commissario di polizia. I notai criminali erano i magistrati che a quel tempo, a Milano, indagavano sui casi di omicidio, sui casi criminali e sulle ruberie, e lo facevano adottando tecniche investigative sorprendentemente moderne, per quanto i loro strumenti più efficaci per trovare i colpevoli fossero l’intuito, l’istinto e l’esperienza. Ma trutto ciò che i miei personaggi fanno, è rigorosamente documentato, e quindi sorprenderà vedere quali tecniche investigative possedevano.

Facci qualche esempio.
Nel romanzo ce ne sono a bizzeffe e, come detto, non si tratta di mie invenzioni, bensì del risultato di un lungo lavoro di ricerca e documentazione che mi ha portato a scoprire come questi funzionari del Tribunale di Giustizia di Milano fossero davvero all’avanguardia, per ciò che atteneva le indagini di polizia. Per esempio, erano soliti portare con sé dei bastoncini con la punta ricoperta di cera, con i quali frugavano fra gli oggetti appartenuti alle vittime di un omicidio, o su ciò che trovavano sul luogo di un delitto. Perché? La nostra mentalità moderna ci spingerebbe a rispondere: per non inquinare le prove. Ma naturalmente, dato che non esistevano analisi scientifiche, a quell’epoca, il motivo è ben altro. I notai criminali usavano quei bastoncini per frugare con sicurezza (secondo le credenze dell’epoca) fra gli ogetti rinvenuti sui luoghi degli omicidi senza rischiare di toccare qualcosa che potesse essere stato infettato dalla peste, che nel 1576 stava decimando la popolazione di Milano. Credevano che se avessero toccato qualcosa imbevuto dell’umore della malattia, questo sarebbe scivolato sulla cera dei loro bastoncini, e con una semplice scrollatina se ne sarebbero liberati, senza rischiare contagi.

Questo mi fa capire quanto sia accurata la ricostruzione che fai di quel periodo storico.

E’ proprio così: nulla è lasciato al caso, e Niccolò taverna si muove, mentre sviluppa le sue indagini, in una Milano ricostruita perfettamente nella sua coerenza storica, non solo ambientale, ma anche riguardo la vita di tutti i giorni: cosa mangiavano, come si vestivano, quali attività svolgevano le persone in quel preciso momento storico. A emergere, dunque, non è soltanto la storia di un magistrato che indaga sull’uccisione di un inquisitore (e sul furto di un oggetto sacro dal Duomo), ma anche la rappresentazione di un periodo storico molto difficile e per certi versi affascinante della Milano della seconda metà del 1500. La Milano sotto dominazione spagnola che vedeva contrapporsi il potere della Corona di Spagna e della Santa Inquisizione, a essa collegata, a quello del Soglio di Pietro, che vedeva nella figura dell’arcivescovo Carlo Borromeo (che poi diventerà San carlo) un baluardo di primo piano nel conflitto tra potere secolare e potere temporale.

Ma quanto parte di thriller e di romanzo “giallo” c’è, ne “Il segno dell’untore”, rispetto al classico romanzo storico?
Non c’è una prevalenza dell’uno rispetto all’altro, bensì un continuo amalgamarsi e intersecarsi delle due cose. La ricostruzione storica e il respiro sociale e culturale dell’epoca sono da sfondo a una intricata indagine che deve fare i conti con gli strumenti limitati dell’epoca e la capacità del notaio criminale Niccolò taverna di risolvere i casi grazie alla sua inteligenza e alla sua esperienza. Ma tutto si muove in armonia con il periodo descritto, rispettando la coerenza che qualsiasi buon romanzo storico richiede, pur offrendo al lettore l’impianto, le emozioni e il ritmo di un thriller attuale e congegnato nei minimi particolari.

Mondadori sta facendo una forte campagnia di marketing e di promozione nei confronti di questo romanzo, che apre il 2012 per la collana Omnibus italiani. C’è una strategia precisa, dietro a tutto questo?
Sì, l’editore vuole iniziare il nuovo anno dando un segnale chiaro ai lettori di un grosso mutamento che ci sarà per i rilegati Mondadori. Il mio romanzo è il primo di un nuovo corso studiato con intelligenza, che vuole coniugare un prezzo più aggressivo e abbordabile dal pubblico rispetto al passato (15 euro anziché i soliti 20 euro), senza però svalutare i titoli che saranno presentati, puntando quindi alla massima qualità possibile dei testi da pubblicare. Sono felice di essere un po’ l’apripista di questo nuovo corso, e mi auguro che il mio notaio criminale riesca a farsi apprezzare dal pubblico per continuare a proporre le sue indagini mozzafiato.

C’è qualche collegamento fra questo romanzo e il tuo precedente, “I bastioni del coraggio”, anch’esso ambientato nella Milano del 1500?
Tra le due vicende sono passati trent’anni, e qualche personaggio lo si ritrova ancora ne “Il segno dell’untore”, per quanto non più come protagonista. Per esempio Anita, che ne “I bastioni del coraggio” era una delle eroine del libro, qui è la moglie di Niccolò Taverna, anche se la sua parabola narratva risulta piuttosto breve. E lo stesso accade per altri personaggi, come per esempio il perfido Inquisitore Generale Guaraldo Giussani, di cui non ci eravamo sbarazzati ne “I bastioni del coraggio”. Un giorno o l’altro scriverò un romanzo che farà da collegamento fra questi due titoli, descrivendo che cosa è successo in quei trent’anni di distacco fra un libro e l’altro.

L’ESTRATTO DEL ROMANZO

CAPITOLO PRIMO

12 agosto 1576
Ora prima

1

La prima cosa che Niccolò Taverna sentì fu l’odore. Il lezzo greve dei corpi che bruciavano nei fopponi, le grandi fosse comuni scavate in città e nelle campagne, veri e propri varchi per l’inferno che ardevano senza sosta, ma che non sembravano mai sufficienti per accogliere i morti che riempivano le strade.
Niccolò si agitò nel suo giaciglio, cercando di tenere gli occhi chiusi per non svegliarsi, ma dopo l’odore furono i suoni ad aggredirlo, e la nausea gli strinse la bocca dello stomaco. Si portò le mani sugli orecchi: tutto inutile. Quelle grida, quei pianti, quelle urla isteriche ormai campeggiavano nella sua mente da giorni, e non sarebbe bastato quel gesto a cancellarli.
Trattenendo un gemito si mise seduto sul bordo del letto, poi aprì gli occhi e guardò dall’altra parte della stanza, dove Anita aveva trascorso gli ultimi giorni con lui, rantolando sul pavimento.
Era ancora tutto come prima, come quando i monatti erano venuti a portargli via sua moglie.
Niccolò sapeva che avrebbe dovuto sbarazzarsi degli stracci, delle coperte e della paglia intrisi di umori infetti che avevano fatto da giaciglio ad Anita. Avrebbe dovuto bruciare tutto, come imponevano le ordinanze del tribunale di Sanità e le gride del governatore stesso, che tentavano disperatamente di arginare con quelle misure il dilagare della peste, ma sapeva anche che se l’avesse fatto di Anita non gli sarebbe rimasto più niente. Niente oltre al ricordo del suo viso pallido, dissanguato dalla malattia, le pustole e i bubboni gonfi, il terrore negli occhi, velati della follia che si impadronisce della mente quando la morte arriva a soffiarti nelle nari.
Niccolò si passò le mani sul viso e provò a respirare a fondo, ma il suo corpo si rifiutava di inalare l’olezzo rancido di cui era impregnata la casa e che filtrava dalle imposte, insieme alla finissima cenere in sospensione che nelle ultime settimane aveva ammorbato l’aria di Milano. “Cenere di corpi bruciati...”
Il pensiero gli acuì la sensazione di malessere nello stomaco, e si sorprese di non essersi ancora abituato alla vista di tante persone gettate nelle fosse comuni, perché le fiamme purificassero la malattia che le aveva rese irriconoscibili.
Ma poi si costrinse a dilatare le narici e a raccogliere aria nei polmoni, e quel gesto fu determinante per costringerlo ad alzarsi e dirigersi all’armadio, dove prese i vestiti e si preparò in fretta per uscire.
Mentre indossava le calzebraghe e una camicia di cotone con polsi e colletto arricciati, ripensò ai casi che aveva ancora in sospeso. Avrebbe dovuto agire in fretta ma con tatto e discrezione, perché la gente non avrebbe capito le necessità del suo incarico di notaio criminale e non sarebbe stata propensa a seguire le disposizioni di legge e a sottoporsi agli interrogatori necessari alle sue indagini.
Niccolò sospirò e si allacciò in vita la cintura con i ganci per lo sfondagiaco d’ordinanza, la borsa con i denari e gli strumenti del suo mestiere. Ai piedi calzò morbidi mocassini di cuoio realizzati dagli artigiani di Porta Vercellina, dono di suo zio Matteo Taverna, cugino di terzo grado del grande Francesco, che era stato uno dei più illuminati governatori della capitale. Lui non avrebbe mai potuto permetterseli. Il suo stipendio di magistrato gli bastava appena per sopravvivere e per pagare l’esorbitante affitto mensile che il proprietario del palazzo chiedeva per la sua stanza, soprattutto dopo che Anita si era ammalata e lui si era lasciato abbindolare da guaritori senza scrupoli, che lucravano sulle sofferenze della gente.
Quando fu pronto lanciò un’ultima occhiata alle cose di Anita, ammassate in un mucchio disordinato, e si disse che non poteva più rimandare. Sebbene il lavoro lo reclamasse, doveva prima trovare sua moglie e scoprire se anche lei era diventata parte della nube di cenere che gravava su Milano. O se era ancora preda dei diavoli che le scavavano tane dolorose nel corpo e nell’anima.
Varcò deciso la porta della stanza e si lanciò lungo le scale, tremando all’idea di ciò che lo aspettava.
«Benedetto ragazzo, dove corri con tanta furia?»
Svoltando l’ultima rampa, Niccolò aveva quasi travolto una donna grassa che stava salendo lentamente i gradini, sbuffando e tenendosi aggrappata al corrimano.
«Zia Ofelia...» si scusò imbarazzato. «Sto andando da Anita. Ma lei...» scosse la testa, senza aggiungere altro.
«Vuoi che ti accompagni? Che ti prepari qualcosa per lei?»
«No, grazie, non ce n’è bisogno» rispose Niccolò cercando di allontanarsi.
Zia Ofelia lo fermò con una stretta poderosa. «Aspetta, portale una di queste» disse indicando la cesta che teneva al braccio. «Le ho preparate con le mie mani. Sono sicura che la povera Anita ne trarrà giovamento.»
Niccolò trattenne un’imprecazione. Sapeva che non c’era altro modo per liberarsi di zia Ofelia che accettare le sue offerte culinarie.
«Grazie» si arrese, infilando la mano nella cesta e pescando qualcosa di molle, che gocciolava.
«Stai attento» lo mise in guardia lei, «è una birraia fresca, lasciata ad ammorbidire per tutta la notte.»
Cercando di nascondere il disgusto, Niccolò osservò la forma di pane duro intrisa di birra acida che gocciolava sulle scale, minacciosamente vicino alle sue scarpe.
«Grazie» disse, imponendosi di sorridere. «Anita la apprezzerà di certo. Ma adesso devo proprio scappare.»
Niccolò si allontanò tenendo la birraia gocciolante a un braccio di distanza dai suoi preziosi mocassini, poi quando fu in strada, lontano dallo sguardo della zia, lanciò la matassa spugnosa in un canaletto di scolo.
Anita aveva sempre odiato la birraia, e non era certo quello il momento per convincerla ad assaggiare le prelibatezze di zia Ofelia.

2

Doveva essere appena scoccata l’ora prima, anche se Niccolò non poteva saperlo con certezza. I campanili delle chiese tacevano da diversi giorni, dopo che il battere dei rintocchi era diventato incessante, sospinto dal gran numero di morti che si inseguivano ora dopo ora. Era stato lo stesso arcivescovo Borromeo a ordinare il silenzio, che non era di spregio alle vittime ma contribuiva a rendere meno fragoroso il pianto e l’urlo d’angoscia di tutta la città.
Niccolò era grato all’archidiocesi per quel provvedimento, ma d’altro canto per lui lo scandire delle ore dai campanili si era sempre dimostrato uno strumento valido per organizzare il lavoro e cercare dei punti di riferimento durante le sue indagini criminali.
Ma adesso non ne aveva bisogno.
Mentre scivolava lungo le strade, diretto al palazzo in cui era stato allestito uno dei tanti provvisori centri di Sanità sparsi in ogni quartiere, Niccolò cercava di guardarsi intorno il meno possibile. Teneva gli occhi puntati sull’acciottolato resistendo al richiamo di urla disperate, grida strazianti, suppliche d’aiuto o strilli di rabbia che provenivano dalle case sbarrate dai monatti e dai commissari di Sanità per evitare che presunti malati di peste uscissero a infettare le poche persone sane che ancora si aggiravano per la città. Era difficile resistere allo strazio di quelle grida. Da un lato avrebbe voluto intervenire per liberare quei poveracci che rischiavano di finire uccisi dalla fame e dagli stenti, più che dalla malattia; ma dall’altro ricordava il volto pallido di Anita, gli occhi infossati per la sofferenza, e la sua rabbia quando gli aveva gridato di stare lontano da lei, di non avvicinarsi, prima di perdere definitivamente il senno e crollare esausta sul suo giaciglio sporco, le labbra spaccate e lo sguardo perso in un mondo che solo lei poteva vedere.
Il governatore aveva fatto affiggere le sue gride sui muri della città, esortando i cittadini a collaborare con le autorità sanitarie, a restare chiusi in casa a meno che non fosse strettamente necessario uscire, e aveva concesso ai commissari di Sanità un potere quasi assoluto, quando si trattava di individuare focolai d’infezione. Ma il Lazzaretto Maggiore e tutti quelli che erano stati improvvisati in ogni quartiere erano pieni all’inverosimile, e non c’era stato altro modo per cercare di tenere la situazione sotto controllo che chiudere in casa chiunque desse segno dell’insorgenza della malattia, confinando all’interno anche parenti e familiari, possibili portatori del contagio. I monatti sbarravano porte e finestre inchiodandole con le assi e mettendo traversi di sostegno, in modo che dall’interno diventasse impossibile abbatterle, e tutta quella gente era costretta a restarsene imprigionata nella propria abitazione in attesa di ammalarsi e di morire, oppure del miracolo che l’avrebbe riconsegnata al perdono di Dio.
Ma ormai erano troppi quelli costretti alla reclusione, e in tutta la città si levavano grida ingannevoli: tanti asserivano di essere guariti o di non essere affatto ammalati, e imploravano di essere liberati, piangevano, minacciavano, urlavano esausti e smarriti.
Niccolò scosse la testa per cercare di scacciare le immagini che quelle urla evocavano nella sua mente. Solo l’anno prima, insieme ad Anita, aveva cominciato a leggere la Divina Commedia dell’Alighieri, in una pregevole edizione a stampa che si era diffusa velocemente in tutto il Ducato,
nonostante fosse stata realizzata dal veneziano Ludovico Dolce, che si diceva fosse in odore di eresia.
Avevano letto diverse terzine con curiosità, poi, a mano a mano che si erano addentrati nell’Inferno descritto dal poeta, avevano capito che Dante non si era scostato troppo dalla realtà, e forse aveva solo descritto un mondo che aveva visto con i suoi occhi, molto simile a quello in cui si stava dibattendo Milano sotto gli strali della peste.
Eppure Niccolò era convinto che nemmeno l’Alighieri avrebbe potuto immaginare un girone dell’Inferno simile a quello in cui erano imprigionate centinaia di persone in quel momento, costrette a convivere con i propri ammalati, a respirare l’aria malsana intrisa dell’odore degli umori infetti, scossi dal terrore di veder crescere anche su di sé i bubboni della peste.
Sentendo salire di nuovo la nausea accelerò il passo, evitando di camminare rasente ai muri delle case, per non rischiare che gli arrivasse in testa un secchio di escrementi svuotato in strada da qualcuno che se ne infischiava delle disposizioni sanitarie, o che addirittura cercava di vendicarsi
in quel modo per la segregazione che doveva subire.
E poi c’erano gli indumenti e gli effetti personali dei malati, che i monatti gettavano dalle finestre per risparmiare tempo e che cadendo imbrattavano i muri con schizzi di materia putrida che segnavano gli edifici come se fossero stati messi all’indice.
Niccolò non sapeva come si trasmettesse la malattia, ma alcuni suoi amici che lavoravano al tribunale di Sanità gli avevano consigliato di stare lontano da quella materia infetta in quanto ritenuta la causa più probabile del diffondersi dell’epidemia.
Quando svoltò in via della Vetra fu costretto ad arrestarsi.
Davanti a lui si ergeva qualcosa di ancora più spaventoso delle secrezioni degli appestati o delle grida dei disgraziati rinchiusi nelle loro case.
Vide un presidio del Consiglio dell’Inquisizione Generale, con il patibolo per le esecuzioni e le travi a cui venivano legati gli accusati di pratiche immonde come la stregoneria, l’unzione o la predicazione dell’eresia, affinché fossero torturati e potessero, confessando, purificare la loro anima
prima del supplizio inevitabile.
Niccolò trattenne un moto di rabbia e strinse con forza i pugni. Quei presidi della Santa Inquisizione avevano il compito non tanto di punire i colpevoli di qualche eresia, quanto di diffondere la paura e fare capire che la Corona di Spagna era ancora vigile sul Ducato: nonostante le pressioni esercitate dall’Arcivescovado e dal Borromeo, il Consiglio, che rappresentava l’Inquisizione Spagnola, aveva
piena autonomia decisionale in tutto ciò che riguardava atti di stregoneria o l’abominio protestante. Era una guerra in atto tra poteri forti che si riversava sulla povera gente e che prevedeva la nascita di quelle strutture del terrore nei punti nevralgici della città, per stringere le briglie del cavallo malato e sofferente in cui si era trasformata Milano.
Niccolò restò un attimo a osservare gli abiti bianchi e neri dei domenicani che allestivano il patibolo e gli attrezzi per le torture, e si sentì arrestare il cuore nel petto quando si accorse che uno dei prelati, un uomo alto e dallo sguardo severo, con il naso aquilino proteso verso di lui come il becco di un rapace affamato, lo stava fissando. Cercò di sostenerne lo sguardo, poi si rese conto che sarebbe stato un atto d’insolenza: quel domenicano avrebbe anche potuto essere un commissario inquisitoriale di alto rango, per ciò che ne sapeva. Abbassò quindi gli occhi e riprese a camminare al centro della strada, trattenendo a stento la voglia di mettersi a correre per sfuggire alla pressione dello sguardo del domenicano, che sentiva premere su di lui.
Quando finalmente svoltò nella piazzetta su cui svettavano le colonne romane di San Lorenzo, in cui era stato allestito il presidio del tribunale di Sanità, tirò un sospiro di sollievo e cercò di concentrarsi su quello che lo aspettava. Non sapeva se Anita era ancora viva oppure no. E, soprattutto, non sapeva quale delle due ipotesi augurarsi. Perché ormai da troppo tempo ciò che restava di sua moglie era ben lontano dalla donna che lui aveva amato.
 

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Commenti

Grazie a tutte!

Ciao a tutte, sono Franco Forte.
Intanto un ringraziamento a Maet e alle magnifiche ragazze di Isn't it romantic, perché sono formidabili. Le spinge una passione che conosco bene: quella dell'amore per i bei libri e per la letteratura (e che nessuno si azzardi a dire che il romance non è letteratura!).
E poi vorrei ringraziare le tante di voi che hanno speso belle parole per il sottoscritto e per questo romanzo, in cui credo molto e che mi piacerebbe potesse essere letto soprattutto dal pubblico femminile, molto più attento, raffinato e profondo (ahimè mi tocca confessarlo) di quello maschile.
Alla vincitrice del giveaway manderò una copia con dedica personalizzata e autografo, ma se qualcun altro volesse avere la bontà di prendere il libro e leggerlo, sappiate che ricevere il vostro parere per me sarebbe la gioia più preziosa. Perché è così che gli scrittori crescono: ascoltando i lettori.
Ancora grazie a tutti e... buona navigazione in questo magnifico sito!
Ciao,
Franco Forte

Ritratto di Maet

Grazie a Franco Forte

Ringrazio Franco Forte per essere passato a trovarci e per le gentili parole nei miei confornti e in quelle di tutte le colleghe bloggers! E' bello sapere che uno scrittore dle suo calibro apprezza e stima il pubblico fedele al romance!

Il notaio criminale Niccolò Taverna

Che bella questa presentazione! Purtroppo, non ho ancora letto nessun libro di Franco Forte, ma mi è noto grazie alla Romance Magazine (a cui sono abbonata) e a Delos Books. Per me questo libro è particolarmente intrigante perchè mescola il genere storico con il thriller e il giallo e, in più, c'è anche la storia d'amore. E poi, l'ambientazione, Milano, la mia città. Non vedo l'ora di leggerlo. E, infine, come si fa a resistere alla prospettiva di avere una copia del libro autografata? Grazie per questa bella occasione con la speranza di leggere in futuro tante altre avventure di Niccolò Taverna. Ho condiviso su FB.

IL SEGNO DELL' UNTORE

Anch'io di Franco Forte non ho mai letto nulla, però l'estratto del suo romanzo promette bene. Inoltre, il suo notaio milanese del 1576 penso possa rientrare in quella che io definisco categoria di "menti geniali". Mi spiego meglio: che dire delle indagini del nostro Montalbano con le sue nuotate e le sue "sciarratine" con Catarella, poi delle indagini mozzafiato di Kay Scarpetta e delle ossa "parlanti" di T.Brennan (Bones). Andando a ritroso mi viene in mente il "piccolo" Poirot con le sue "celluline grigie", Holmes con il suo intuito e il fido Watson, ancora più indietro troviamo Fratello Cadfeal, ecc... Non vedo l'ora di conoscere le sue "particolarità" investigative...

un saluto, Rosa Maria.

Ritratto di gina

Sono nuova qui appena

Sono nuova qui appena registrata e sono bulgara,ma i romanzi mi appasionano da piccola e non ho potuto resistere na tentazione di vincere un libro cosi meraviglioso....

Ritratto di Maet

Benvenuta Gina!

Benvenuta tra le amiche del nostro sito Gina! Qui viviamo di libri, ci piace leggerli e condividere le emozioni che ci danno con voi. Fai bene a tentare la fortuna, chissà che non ti sorrida .

Ritratto di VeronicaBennet

Benvenuta

Ciao Gina, benvenuta sul nostro blog. Se i romanzi ti appassionano sei decisamente nel posto giusto. In bocca al lupo per l'estrazione .

Ritratto di gina

Grazie per l'accoglienza!!!!

Grazie per l'accoglienza!!!!

Ritratto di Sherazade

Giveaway per "Il segno dell'untore"

Di Franco Forte non ho mai letto nulla e questo romanzo ha una trama veramente interessante, spero di vincerlo sopra tutto per l'autografo!!!, se poi non succederà, pazienza andrò in libreria ad acquistare il romanzo.

Sherazade

 

Ritratto di naan

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Una piccolissima operazione di due minuti che vi permetterà di partecipare ai giveaway e a tutte le nostre prossime iniziative!

 

 

Ritratto di Maet

Se non vi registrate non potete partecipare!

@tutte

Ragazze, per poter partecipare a questo come ai prossimi giveaway è necessario essere utenti regitrati. Registratevi al sito e postate nuovamente il vostro commento, la fortuna potrebbe assistervi . Vi assicuro che il romanzo è davvero intrigante!

 

Ritratto di Elnora

accattivante..

Mi affascina molto la figura di un commissario di polizia nella Milano del 1576, personalmente la reputo un'ottima occasione per allontanarmi dal contemponeraneo a me caro  e tuffarmi nella storia.

Complienti a Franco Forte per questa nuova avventura !

da leggere

i gialli medievali sono la mia seconda passione, dire che lo voglio è troppo poco... grazie per l'occasione fabiola

Ritratto di Niki

Oltre al romance mi piacciono

Oltre al romance mi piacciono molto i gialli , non mi farò scappare questo libro che ha una trama molto interessante.

Interessante !!!

Bella presentazione come sempre,l'ho inserito già nella mia lista di libri la trama m' interessa molto! Bentornate!!! Arca

Ritratto di eden76

Amo i gialli medievali

Sono appassionata dei romanzi storici d'amore ma l'alro genere opposto sono i gialli.

Infatti amo i gialli medievali!!!

Ho tutti i libri di Ellis Peters, Candace Robb, P. C. Doherty, Alys Clare, Deryn Lake... Ma non sono riuscita a comprare per leggere un giallo medievale di uno scrittore italiano.

La trama è interessante e da quello che ho letto il seguito promette bene!!! Cmq complimenti per il sito e bentornate!!

 

Vi aspettavo con ansia****

Ritratto di Andreina

Un libro storico doc!

Dall'estratto è evidente che è un bel  libro

A me piacciono tanto i libri gialli storici, e come succederà di sicuro, non resisterò e andrò a comprarlo appena esce!

Vorrei ringraziare Franco Forte perchè scrive dei libri così intriganti che non si può resistere!

infatti il personaggio di Niccolò Taverna mi sembra molto affascinante...
 

Nel mio comodino è pronto alla lettura I bastioni del coraggio, così appena esce Il segno dell'untore li leggo uno dopo l'altro!

Ritratto di Lener

Annotato!

Che magnifica notizia questa uscita!

Immergersi nelle atmosfere di un bel thriller storico è un piacere irrinunciabile e sicuramente non mi lascerò sfuggire questo romanzo.

Un caro saluto

Lener

Il segno dell'untore

I romanzi di Franco Forte mi piacciono molto.
Riesce a trovare un equilibrio perfetto tra contesto storico e vicenda personale del personaggio.
Di lui ho letto " Bastioni del coraggio" MOLTO BELLO, ho da leggere "Roma in fiamme"
La trama di questo romanzo mi intriga molto e per la sua componente gialla e il periodo storico che io adoro..... fatto di mote zone oscure e controverse.
Tanti auguri all'autore che questa sua nuova "fatica" abbia un bel riscontro.
PATTY

Ritratto di Maet

Patty registrati x partecipare

Ciao cara Patty, se vuoi partecipare all'estrazione è necessario che ti registri al nostro sito. Un abbraccio e in bocca al lupo!

Ritratto di Poppy77

 Per me che ho adorato "Il

 Per me che ho adorato "Il nome della rosa" e che ho una  passione viscerale per tutti i romanzi storici con una vena di Thriller.....questo romanzo è un acquisto sicuro!

Complimenti la trama è davvero intrigante.

Vale

Ritratto di Antonella

Complimenti!

Complimenti a Franco Forte per il suo nuovo libro. Non partecipo all'estrazione perché sono stata baciata dalla fortuna con "I bastioni del coraggio", che conservo nella mia libreria e che consiglio a tutte di leggere. L'estratto e la bella intervista di Maet mettono in luce i pregi di questo racconto che riunisce in sé una perfetta ricostruzione storica e una trama avvincente. Non mancherò di acquistarlo in libreria!

 

 

Ritratto di MissWentworth

Di Franco Forte ho letto

Di Franco Forte ho letto Carthago che mi è piaciuto molto e ho a casa i Bastioni del coraggio che però ahimè ancora non ho letto. Questo nuovo lavoro ha una trama intrigantissima,adoro i gialli storici.

I miei complimenti al sig.Forte per i suoi libri :)

ora vado a condividere il post su fb :)

Chiara.

ps:scusate se vado off topic,ma volevo dire che non riesco a far funzionare le emoticotion e anche l'inserimento immagine.dipende dal sito o da me? :p

Ritratto di VeronicaBennet

Lo voglio!

O meglio lo vorrei! Non possiamo fare finta che sono un utente normale ? E sì? Possiamo vero? Tanto non lo dico a nessuno .

Ritratto di Lady

Che bello

Come posso farmi mancare un libro così intrigante.

Ciao a tutte. Fulvia

Che occasione...

... non me la lascerò sfuggire!

Franco Forte è un mito quindi incrocio le dita e spero in meglio.

(condivido su FB)

Libera

Ritratto di Telenad

Non mi scapperà...

Come blogger non partecipo all'estrazione, ma non importa anzi!

Voglio comprarlo questo libro, e in libreria, primo perchè amo i gialli, secondo perchè amo gli storici, e terzo perchè è di un autore italiano! Se poi mi si dce che c'è pure una storia d'amore... caspita ma è proprio il libro che fa per me!!!

Dulcis in fundo... Franco Forte ha avuto il coraggio di fondare Romance Magazine, e solo per questo si merita la mia imperitura ammirazione, visto che non sono poi così fitti i 'maschi' che sostengono apertamente il genere romance e ancora meno sono quelli che ci credono e l'hanno fatto entrare nei loro ambiti professionali.

Naturalmente spero di incontrarlo di persona, prima o poi, e di ottenerne l'autografo!

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