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Recensione Quanta stella c'è nel cielo
Recensione Quanta stella c'è nel cielo
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Recensito da

Milly
Autore: 
Edith Bruck
Edito in Italia da: 
Garzanti, gennaio 2014
Formato: 
trade paperback
Prima edizione: 
Garzanti,2009
Genere: 
romanzo storico
Ambientazione: 
1948 Ungheria-Cecoslovacchia
Livello di sensualità: 
warm/caldo
Voto/Rating: 
8,5/10

Ho conosciuto personalmente l’autrice Edith Bruck in una stagione felice della mia vita. Ho un ricordo vivissimo degli incontri a casa sua, un bellissimo appartamento situato in un palazzo storico di Via del Babuino a Roma. La sua voce roca, dal timbro possente, riusciva a catturare completamente la mia attenzione e a rendere il luogo popolato dai suoi fantasmi , dalle persone perdute, dal grande amore della sua vita, il regista Nelo Risi. Nelle pause dei suoi racconti, il silenzio era interrotto solo dallo zampillare di una fontana nel cortile interno perchè ogni parola di conforto mi sembrava inadeguata, fuori posto, banale.

Non mi è difficile immaginare che la quindicenne Anita, la protagonista del romanzo, sia in buona parte ispirata alla storia personale di Edith. Siamo in Ungheria alla fine della seconda guerra mondiale. Anita, con il giovane Eli, sta compiendo un viaggio per congiungersi in Cecoslovacchia con uno dei pochi parenti sopravvissuti ai campi di stermino, la zia Monika, sorella di suo padre. Eli è il cognato di Monika ed chiaro fin dalle prime pagine che è un ragazzo impastato di cinismo, unicamente volto ad approfittare di ogni occasione e situazione per il proprio interesse o piacere. Si comprende pure che solo in parte le sue attitudini dipendono dalle difficili condizioni post belliche e dal contesto sociale in cui deve muoversi come ebreo. Già sul treno incomincia a insidiare Anita e continuerà a farlo anche in casa del fratello Aron dove insieme convivono. A questa situazione si aggiunge la freddezza della zia Monika che giunge al punto di impedire ad Anita di fare alcun riferimento alla perdita di tutta la famiglia nei lager tedeschi e in generale, a quel che è accaduto agli ebrei in Europa. In maniera sottile e crudele, viene adombrata l’idea che i sopravvissuti siano un fardello, che non abbiano più niente da esprimere se non un dolore con il quale nessuno, nemmeno gli stessi ebrei, vogliono fare i conti nell’immediato. Raggelata da questo atteggiamento, Anita prova a cercare conforto e un po’ di calore tra le braccia di Eli, ma nulla sembra perforare la corazza del ragazzo il quale si esprime a monosillabi - solo in parte dovuti a problemi di lingua – non tiene in alcun conto le domande e le ansie della ragazza e da autentico rapinatore, si appropria della sua verginità senza usarle un minimo di dolcezza o comprensione. L’unica cosa che sembra scaldare il cuore di Eli e di altri personaggi del romanzo, è la possibilità di andare in Palestina per combattere e contribuire alla creazione dello stato di Israele. Anita troverà un po’ di sollievo in un lavoro esterno, un laboratorio per la produzione di capi di abbigliamento. Qui incontra Emma, una ragazza taciturna che elegge a sua confidente anche se di confidenza, Emma, gliene darà ben poca. Sarà proprio a causa di Emma e del precipitare di una situazione famigliare, che Anita sentirà tutta l’impotenza, la disperazione e l’incapacità di fare le scelte che ritiene giuste per sé stessa e per la sua esistenza futura. Quando tutto le sembra perduto, la soluzione le viene incontro in maniera inaspettata e imprevista.

E’ un libro dal fascino essenziale, scritto con mano sensibile e ferma da una scrittrice di talento. Parla di dolore, ma anche di innocenza e amore. Di condizioni disperanti ed eccezionali, ma anche di normalità. Notevole è poi la sua capacità rendere percepibili lo smarrimento, il freddo, le privazioni e la difficoltà della popolazione nel dopoguerra. Sentiamo i piedi ghiacciati di Anita, la scarsità di acqua calda, la fame per il cibo razionato. E tuttavia, la parte più coinvolgente della storia è quella in cui l’autrice ci rende partecipi, in maniera profonda, dei danni procurati dalla incomunicabilità tra le persone. Sì, oserei dire che il tratto saliente della storia è proprio l’incomunicabilità.

Comunicare deriva dalla radice sanscrita che vuol dire “mettere in comune”. E’ un elemento che richiama il sentimento fondativo del vivere sociale. La cosa peggiore nella vita non è essere o rimanere soli, bensì di incappare in persone che ti fanno sentire tale perchè, come diceva Dorian Gray, soffocano ogni impulso di comunicare per pigrizia e insensibilità con ciò impoverendo la propria e altrui esistenza. Avvolgono i loro sentimenti in bozzoli separati e distinti e ritenendo di proteggersi, di difendersi dall’invadenza altrui, si predispongono a rimanere prigionieri dei loro involucri, a non sbocciare mai. Anita avrebbe avuto bisogno, come molte altre donne, di incontrare una persona solare, di quelle che non risparmiamo sui sorrisi. Un uomo girasole sempre orientato verso la luce e il sole: un uomo capace di trasmettere e comunicare ciò che di positivo sente e vede. L’autrice fa intendere che per Anita c’è speranza. Se siamo in questo stato di necessità, la storia di Anita suggerisce che non dobbiamo disperare, che dobbiamo predisporci rimanendo disponibili alla sperimentazione, alla ricerca e alla scoperta dotandoci, se del caso, di una nostra personale rete WI-FI. Domanda: Why not?

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Commenti

Acquistato.....

Acquistato.....un'ora fa nella mia libreria di fiducia. Carissime leggo sempre le vs. recensioni e molte volte acquisto i libri da voi consigliati. Mai delusa, mi sono piaciuti tutti e parecchi pure tantissimo. Questa trama mi ha colpito subito, anche se tratta un periodo duro e difficile di rinascita dopo tanto buio. Colpita pure dalla bellissima copertina.. evviva ogni tanto le stampano decenti, pure l'occhio vuole la sua parte. PATTY

Ritratto di Milly

Cara Patty, che attestato di

Cara Patty, che attestato di stima! Mi auguro che anche questo libro non ti deluda, non è un romanzo semplice e a diverse persone non è piaciuto.Ci terrei a sapere la tua opinione.La copertina è bella, sì.

Ritratto di Marin

Deve essere un bel libro

Deve essere un bel libro Milly, da come ne parli. Mi blocco sempre davanti a storie come quelle di questo libro, ma lo metto in lista per leggermelo con calma quando mi chiamerà.
 

Ritratto di Milly

Cara  Marin, spero un giorno

Cara  Marin, spero un giorno ti venga voglia di leggerlo.Non  è un libro leggero, ma certo fa riflettere molto.

Ritratto di Marin

Alla fine li leggo sempre

Alla fine li leggo sempre Milly e non ho mai sbagliato ad ascoltare le tue recensioni.
Sono libri che poi rimangono impressi e non scivolano via come tanti.
Sei il mio angolo "serio"  e ti ringrazio per questo.

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