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ROMANCE PARK

Benvenute a Romance Park, il luogo dove ogni scrittrice ha la possibilità di presentare i propri lavori al pubblico!


L'estratto di questa settimana si intitola "LA CUSTODE DEL CODICE", e il nick della sua autrice è ALICIA GILBERT. ATTENZIONE, si tratta di nomi di fantasia, che usiamo solo per distinguere i vari estratti tra di loro: il nome dell'autrice non è questo, ed il titolo finale del libro sarà diverso.

Vi ricordiamo le REGOLE DI ROMANCE PARK ( potrete trovare maggiori dettagli qui: http://romancebooks.splinder.com/post/20213710 ) :
-- sia le lettrici che le bloggers potranno votare l'estratto con un punteggio da 1 a 10, e naturalmente commentarlo;
-- se la scrittrice lo desidera (non è obbligatorio), può rispondere ai commenti e alle domande – ma lo farà sempre usando il nick;
-- tra una settimana esatta, chiuderemo il sondaggio, e la scrittrice scoprirà che voto le è stato dato dal pubblico.
-- IMPORTANTE: la scrittrice non rivelerà la propria identità a nessuno, né prima, né durante, né dopo il sondaggio. Le bloggers che hanno collaborato con lei alla preparazione del post (cioè Naan e MarchRose) faranno altrettanto, sia nei confronti delle altre bloggers che delle lettrici, e per correttezza si asterranno dal commentare.

 

LA CUSTODE DEL CODICE
di Alicia Gilbert
Tutti i diritti letterari di quest’opera sono di esclusiva proprietà dell’autore.

 

Colin è un agente del governo inglese la cui missione è sorvegliare una donna che vive a Londra e che si sospetta passi informazioni a Napoleone. Jane Boregard è una conoscitrice di antichi codici e per questo è stata reclutata per un progetto inerente alla decifrazione dei messaggi segreti. Affascinato dalla donna, Colin l’avvicina e la seduce, ma dopo la sparizione del patrocinatore del progetto, decide che è arrivato il momento di fermarla. La scena seguente è quella in cui Colin e i suoi uomini vanno ad arrestarla, e Jane si rende conto che l’uomo che diceva di amarla l’ha invece ingannata.



La voce dell’uomo era intrisa di disprezzo, ma lei parve non accorgersi. Con la testa china e lo sguardo fisso soppesava ogni parola, in cerca di un significato diverso, di una giustificazione che spiegasse le azioni di Colin, l’uomo che aveva amato follemente e che ora la guardava con lo stesso disprezzo di quegli uomini sconosciuti. Come aveva potuto sbagliarsi tanto su di lui?
Perché il suo istinto non l’aveva avvertita?
Un nodo si formò nel suo petto e aumentò a dismisura, mentre le passavano rapidi nella mente gli istanti meravigliosi che aveva condiviso con lui. Menzogne, inganni, nient’altro che un pugno di polvere spazzato via dalla realtà. Il cuore le batteva rapidamente contro le costole. Chiuse le mani e si costrinse ad ascoltare ciò che diceva il suo accusatore. Lentamente, con immensa soddisfazione l’uomo elencò i capi d’accusa. Durante quel ridicolo monologo Jane fu tentata di protestare, poi li guardò negli occhi uno per uno, e allora comprese che non sarebbe servito a nulla opporsi perché essi avevano già deciso.
La luce del pomeriggio perse la sua brillantezza, affievolendosi a mano a mano che la sera avanzava. Guardò le braci nel camino, poi rivolse la sua attenzione in un punto indefinito della stanza, qualcosa che non fosse Colin, o uno di suoi compari. In quei pochi secondi comprese che quella sera si sarebbe conclusa la sua esistenza così come l’aveva concepita fino ad allora. Non l’avrebbero mai lasciata andare, lo avevano scritto in faccia.
Sentì una morsa gelida stringerle il cuore, opprimerle il petto, poi più nulla. Per lei che era sempre stata un concentrato di emozioni, quell’inerzia, la mancanza di ogni sentimento, fu fatale.
Vacillò, e nonostante i suoi sforzi le gambe cedettero. Fu solo allora che Colin allentò il ferreo autocontrollo che aveva guidato le sue azioni fino a quel momento, e rapido l'afferrò. Il malessere della donna lo colpì come un pungolo nella parte più recondita del suo essere.
«Uscite, tutti e due! Adesso!».
Il suo ordine secco fu pronunciato a voce bassa, ma entrambi gli uomini trasalirono affrettandosi a ubbidire. Il più giovane dei due tentò di replicare una volta giunto alla porta, ma lo sguardo duro e spietato del suo superiore gli fece riconsiderare la cosa.
Aprì la porta della biblioteca e poi la richiuse delicatamente alle sue spalle. Dall’esterno giunsero nitide le proteste della signora Muller e dei due uomini che cercavano di placare la collera della donna. Jane sentì la stretta di Colin ammorbidirsi attorno al suo corpo, nonostante continuasse a sorreggerla il tocco dell’uomo divenne tutto ad un tratto gentile.
Il suo respiro le sfiorò la guancia, solleticandole il viso.
Caldo e profumato.
Chinò la testa, e senza volerlo sfiorò con il mento la punta della piccola spilla che teneva sulla scollatura dell’abito.
Sentì immediatamente un curioso formicolio partire dal punto in cui la pelle aveva sfiorato l’argento del monile, e in pochi secondi un calore confortante si riversò in lei. Solo che assieme alla sensazione di benessere si sentì invadere da un’energia sconosciuta che la percorse dalla testa ai piedi.
Non seppe da dove si levava l’odio che risalì nelle sue vene come acido, sapeva solo che l’uomo che la circondava con le braccia era la causa del suo dolore.
E lo odiò, riversando su di lui la rabbia, la frustrazione e il carico immenso di dolore che fino a un istante prima l’aveva schiacciata.
Lui la scosse debolmente, poi l’afferrò per le braccia allontanandola da sé, in modo che fosse più agevole guardarla negli occhi.
«Dammi un motivo, dammi una sola ragione alla quale io possa aggrapparmi e ti porterò via, lontano dove nessuno ti troverà. Nessuno saprà mai chi sei», mormorò guardandola intensamente con i suoi occhi profondi che ora sembravano brillare di passione.
Jane non si scompose, limitandosi a osservarlo con distacco. In lei qualcosa si era come spezzato, sentiva freddo ora. Un gelo quasi doloroso la separava dal mondo, dalle emozioni, da Colin.
Lui non si arrese e l’abbracciò stringendola forte, mentre con le mani le percorreva la schiena in una carezza estenuante, lenta e struggente. Nel silenzio che seguì il respiro affannato dell’uomo si mescolò a quello appena percettibile della ragazza. Ormai tutto in lei era ridotto al minimo indispensabile. Il suo viso era talmente inespressivo e pallido da sembrare privo di vita.
Colin le sfiorò le labbra, continuando ad accarezzarla, blandendola, accogliendola come aveva fatto in passato.
Menzogne, una quantità immensa di menzogne. Jane non riusciva a pensare ad altro mentre lui continuava a stringerla a sé.
«E’ stata colpa di Cross, confessa Jane, dimmi dove diavolo si è cacciato quel bastardo!».
Lei sollevò la testa, voleva guardarlo negli occhi, ma le sembrò che l’oscurità aumentasse, chiudendosi attorno a lei. Perché non poteva vedere i suoi occhi bugiardi? Perché non si mostrava per quello che era, un mostro assetato di sangue, che dopo essersi nutrito della sua innocenza voleva portarle via l’unica cosa che ancora le consentiva di provare un briciolo di rispetto per se stessa! Il pensiero la investì dissipando ogni incertezza e dandole una visione della realtà lucida e dura come un diamante
Era dunque questo il suo diabolico intento? Dopo aver distrutto tutto di lei, ora voleva uccidere suo padre.
Colin, il suo amore, Colin il suo nemico.
«Dimmi solo una cosa», gli mormorò sulle labbra «pensi veramente che scambierei lui per te?».
Socchiuse le palpebre e inclinò la testa di lato, poi gli sorrise con disprezzo, un istante prima che Colin l’allontanasse di scatto, spingendola lontano.
Jane barcollò all’indietro, allargò le braccia e rovinò sopra la scrivania.
Il mostra rombi del capitano Muller cadde con un fragore spaventoso sul pavimento. La signora Muller cominciò a battere i pugni contro la porta, mentre le urla degli uomini coprivano il pianto spaventato delle altre ospiti. Ma nessuno osò disubbidire agli ordini dell’uomo. Con due rapide falcate Colin la raggiunse.
L’afferrò, furioso con lei e con se stesso, e col ringhio basso di un’animale ferito la sbatté contro il muro, sollevandola finché i loro occhi furono alla stessa altezza.
Jane lo guardò incurante delle dita di lui che si chiudevano attorno alla gola. Non aveva paura. Se in lei fosse rimasta la capacità di provare qualcosa si sarebbe stupita di quella totale assenza di emozioni, invece ora ciò che la colmava era l’inerzia e la freddezza del nulla. Le dita di Colin continuavano a circondarle la gola. Le sentì premere e mentre il respiro si affievoliva. Continuò a guardare il bellissimo volto del suo amante distorcersi nell’ira. Come aveva potuto ingannarsi tanto? Improvvisamente Colin la baciò, poi allentò la stretta. Lentamente le sue dita lunghe e forti le sfiorarono il volto, quasi senza toccarla, come se attraverso la pelle volessero imprimere i tratti del suo volto. Quegli occhi che erano passati dal disprezzo alla furia, cambiarono ancora. Ma questa volta si riempirono di lacrime. «Un nome … dammi un nome e tutto sarà finito», sussurrò sulle sue labbra.
Lo guardò deglutire, vide la sua pena. La provò dentro di sé. Non stava mentendo, per quanto lui l’avesse tradita, l’aveva anche amata. Il pensiero penetrò nella cortina di gelo che la separava dal mondo. Prima che l’amore riuscisse dove l’odio aveva fallito Jane decise che era arrivato il momento. Si allontanò da lui, lasciò che il gelo raggiungesse ogni cellula del suo corpo come il fiume che ritrova il suo corso. Le barriere che aveva sollevato contro le influenze del suo retaggio vennero spazzate via dal flusso di energia che la pervase. Un canto s’innalzò in una parte della sua mente, e lei ne fu lieta. Chiuse gli occhi e sollevò la testa, allungando le mani ai lati dal suo corpo. Poi puntò lo sguardo su di lui. Le iridi dei suoi occhi si allargarono e il potere fluì da essi.
«Ti maledico Colin, non avrai mai pace, questo è ciò che ti lascio, io figlia del Sator!».
Ma mentre lui avanzava verso di lei, il sortilegio che Jane aveva evocato squarciò il velo del futuro. La consapevolezza di ciò che sarebbe presto accaduto la pietrificò. Il suo gemito fu quello di un animale ferito.
«No, no … lei no», mormorò prima di accasciarsi sul pavimento, con le mani premute in grembo. Allora fu invasa dalla consapevolezza, e seppe che tutto era accaduto esattamente come era stato disposto dal destino. Il panico la invase. La stanza prese a turbinarle attorno. Lei era l’unica che avrebbe potuto impedire al male di scatenarsi se solo non si fosse ostinata per tanto tempo a respingere il potere. Ma adesso era troppo tardi. Il peso della colpa la schiacciò, e il pianto si levò straziante. Chiusa tra le braccia di Colin, Jane pianse per quello che il futuro riservava ad entrambi.

 

RATING FINALE :  7,87 /10

Cliccate qui per vedere i risultati del sondaggio

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