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I luoghi che ispirano la scrittura-Rita Charbonnier

Al termine del mio ultimo romanzo Le due vite di Elsa, uscito nel 2011, si trova una lunga serie di ringraziamenti. Il primo è per mio fratello Leonardo e per sua moglie, che mi hanno ospitato per un’estate nella loro casa di campagna in Toscana, dove ho elaborato la prima stesura del libro. Avevo scritto i due romanzi precedenti a casa mia, a Roma, in piena città (in due diverse case, per la verità) e devo dire che la possibilità di un “buen retiro” mi ha fatto comprendere come l’isolamento e la pace favoriscano l’emergere dal pozzo creativo di pensieri, idee, suggestioni e sentimenti.
Ho ritrovato una email che in quel periodo inviai a un’amica e nella quale descrissi in breve, con ironia e una certa quantità di anacoluti, l’esperienza che stavo vivendo. “Non faccio che leggere e scrivere e lavare i piatti, una pace invidiabile, un esclusivo farmi i cavoli miei che manco gli scrittori (maschi) dell’800 i quali si piazzavano in campagna serviti e riveriti e ti credo che producevano meraviglie.”

A proposito di Ottocento: la località in questione è Crespina, in provincia di Pisa, nota agli esperti delle arti figurative perché negli ultimi anni della sua vita vi dimorò, e ne ritrasse diversi angoli e abitanti, il pittore Silvestro Lega, tra i maggiori esponenti del movimento dei macchiaioli. Fu ospite della famiglia Tommasi, che abitava nella dimora esattamente adiacente a quella dei miei parenti.
E qui vado a esporre una curiosità a beneficio degli amanti delle strane coincidenze. Silvestro Lega era originario di Modigliana (Forlì), grazioso paese che vanta almeno tre cittadini illustri: (1) Lega, appunto; (2) Don Giovanni Verità, l’uomo che salvò la vita a Giuseppe Garibaldi in fuga da Roma nel 1849; (3) Maria Stella Chiappini-Orléans, la protagonista del mio romanzo uscito nel 2009, La strana giornata di Alexandre Dumas. Ora, quando arrivai a Crespina non avevo la minima idea che il pittore originario della cittadina a me ben nota avesse soggiornato a pochi metri dal luogo nel quale soggiornava la molto meno rilevante mia persona. Lo scoprii per caso e con emozione grazie a una lapide, che fotografai col cellulare. Ma quel cellulare è andato perso, e con lui la foto.
Resta il ricordo, il caldo ricordo di un periodo che non può più tornare. Se ogni luogo ha un valore simbolico, è inevitabile che l’evolversi dei rapporti e il mutare delle circostanze inducano a cercare nuovi simboli e valori. Non potrò scrivere altri libri in quelle campagne; diversi luoghi, anche della mente, premono per essere occupati. Ma lo specifico significato di quella estate è immutabile e immutato, custodito in una zona affettuosa, sempre pronta a rischiudersi qualora le circostanze dovessero nuovamente evolversi.

Se è vero che la pace, l’isolamento e la lontananza dalle preoccupazioni quotidiane possono favorire la scrittura, francamente non credo sia imperativo stabilirsi in campagna per riuscire a scrivere bene, in barba ai romanzieri ottocenteschi. Basta una stanza tutta per sé, come ci insegna Virginia Woolf; basta crearsi uno spazio che sia prima di tutto interiore. E quello spazio, naturalmente, può trovarsi ovunque, anche al centro di una metropoli.

Mi torna in mente un aneddoto che mi hanno raccontato su Marcel Proust. Lui scriveva a casa sua, a Parigi, di notte; per cui il giorno dormiva. Ma d’un tratto nella casa accanto iniziarono dei lavori di ristrutturazione, ovviamente rumorosi (ai suoi tempi come ai nostri). Proust non riusciva più né a dormire né a scrivere. Disperato, andò dal proprietario della casa vicina supplicandolo di desistere dalla ristrutturazione, e offrendogli del denaro a titolo di risarcimento! Il proprietario non ne volle sapere e Proust fu costretto a cambiar casa. Non so se l’aneddoto sia vero, ma se non altro prova come la stanza tutta per sé vada non solo creata, ma anche difesa (e come i tappi per le orecchie, ai tempi di Proust, fossero meno efficaci che ai nostri).

Credo che scriverò il mio prossimo romanzo nella mia nuova casa. Una casa nella quale ho già vissuto, ma che si appresta a essere completamente rinnovata, e non solo nel colore delle pareti. “Sarà la casa della riconciliazione”, ha detto una persona a me particolarmente cara. Anche il romanzo, a ben pensarci, avrà molto a che fare con il tema della riconciliazione. Un caso? Un’altra strana coincidenza?

I libri sono fasi della vita. Senz’altro per chi li scrive, e in alcuni casi fortunati anche per chi li legge.
 

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